Carolus Cergoly, giornalista, poeta e narratore, nasce a Trieste nel 1908, quando la città era ancora immediata all’Impero Asburgico. La sua provenienza triestina è un dato fondamentale, quasi fondativo della sua attività artistica: infatti la sua poesia scaturisce da Trieste, inneggia a Trieste, e riesce persino a riassumerne l’essenza, cosmopolita e italiana a un tempo.
Trieste. Fonte: http://www.costacrociere.it
La raccolta di poesie pubblicata nel 1980, Latitudine nord, dal sottotitolo Tutte le poesie mitteleuropee in lessico triestino, si apre con un componimento- autoritratto, intitolato Introitus, che mentre descrive il poeta presenta la multiculturalità di Trieste.
La natura di poeta di Cergoly influisce decisamente anche sulla sua attività di narratore, come si osserva leggendo il romanzo che rese noto l’autore, Il complesso dell’Imperatore; già il titolo significa molto: in primo luogo l’ambientazione è in quella Trieste ancora dominata dagli austriaci (si veda la copertina del libro che raffigura l’aquila bicipite simbolo dell’Impero). Il sottotitolo, Collages di fantasie e memorie di un mitteleuropeo, fa comprendere come questo libro non sia tanto un romanzo dalla trama omogenea e lineare, quanto piuttosto un insieme scomposto di frammenti, di episodi giustapposti e collegati da elementi di volta in volta diversi. Il poeta non a caso li definisce “incastri di prosa”.
A questa frammentazione contenutistica ne corrisponde una formale: il testo infatti si compone di periodi più o meno brevi al termine dei quali l’autore va sempre a capo, quasi che ciascuna frase costituisse un piccolo nucleo chiuso e isolato, una sorta di poesia. Questa peculiarità della prosa cergoliana è meglio descritta da un commento del poeta Andrea Zanzotto, che scrive:
La pagina di Cergoly si produce generosamente a versetti o a nuclei tutti in ebbro scorrimento: poesia, prosa, discorso subliminare, sentenza, citazione, parodia, ron ron, ciacola.
Altro dato curioso è, se si esclude la presenza del punto fermo e di qualche sporadico punto interrogativo, la totale assenza di punteggiatura.
Cergoly sembra scrivere dando libero sfogo ad un’associazione progressiva di pensieri: ama riprendere e ripetere i concetti, elencare oggetti, accumulare figure retoriche-allitterazioni, metafore..- e fare largo uso delle onomatopee.
Si vede bene come ripete gli stessi concetti e ribatte sugli stessi termini. Nel rilevare la giocosità dello stile di Cergoly, Zanzotto scrive:
Ma qui ci sono di mezzo sicuramente, a stordirci, astuzie follettistiche e joyciane, o addirittura formule incantatorie come quella ripetuta di continuo da un pacioso gendarme: “ja hat ja hat”.
Cergoly si occupa di personaggi che egli stesso definisce “reali e vivi (più vivi dei vivi perché sono morti)” e che sono calati in una precisa realtà storica cui il poeta guarda con una certa nostalgia, e che viene quasi trasfigurata in mito; ciascun dato realistico, anche il più prosaico, si mitizza e diventa una “favola bella”:
Al calar del sole il Ponterosso ha l’aspetto di un ponte di fuoco.[…]Il cerchio di fuoco e hoplà salta la tigre e salta la scimmia cavallerizza sulla cagna barbona che sembra la visiera di Belfagor [Il complesso dell’imperatore, p.119]
La prora dell’Audax rimorchiatore d’alto mare è fortissima come l’Excalibur la leggendaria spada di re Artù. [ivi, p.121]
[Trieste] Città tirata su dal caro dio solare Triopa tra est e ovest […][ivi, p.139].
A riprova della propensione verso miti e leggende, il primo personaggio che incontriamo è un coboldo -spiritello della mitologia tedesca e protettore del focolare domestico- che si trasferisce a Trieste, definita “città ombelico del mondo”e “canestro di mazzi di fiori freschi come la primavera”. All’arrivo in città il coboldo “sentì mistura di alghe, odore di foglie tripartite di tiglio, uva di Samos, pepe, pan di zucchero”- dunque una variegatura di odori per una città variegata- e divenne volontario casalingo di Stanislaus Joyce, insegnante d’inglese con accento irlandese e grande monologatore.
Un Coboldo, dettaglio da Incubo (1781), di Johann Heinrich Füssli. Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Coboldo
Ravvisiamo nel romanzo una predilezione decisa per il dato nominale: ricorrono e quasi compongono la struttura del discorso – che in un certo senso si reifica- nomi di cose, di luoghi, di persone. Trieste, città gentilissima e commerciale, è città di tre alfabeti (latino, gotico, cirillico), in cui s’incontrano culture diverse (lo dimostra la diversa provenienza dei personaggi di Cergoly, ora tedeschi, ora sloveni, ora francesi…), è città di mare, di amore, di passeggiate, di commercianti e burocrati, è la città del Reggimento di Cavalleria dei Dragoni Sassoni, è la città della birra e del vino, del burro dell’alto Isonzo e del Gulasch, del profumato caffè bianco. Dei Caffè Cergoly parla diffusamente: sono intimi, caldi, riposanti, silenziosi, in essi c’è odore di acqua di male, di alghe, di onde.
Molti sono i luoghi di Trieste che l’autore menziona, dal Canal Grande a Ponterosso, alla Piazza Giuseppina, al Grand Hotel Carciotti; Trieste è città adriatica mediterranea e al contempo mitteleuropea, è un crocevia, un punto d’incontro di culture diverse proprio grazie- dice Cergoly- alla sua appartenenza all’Impero, che è Impero della tolleranza. La prima metà del romanzo rappresenta proprio un inno alla Trieste imperiale.
Ma questo splendido equilibrio della Felix Austria sembra ad un tratto essere compromesso: in un lento stillicidio le più disparate forze centrifughe prendono sempre più piede. Da un lato i socialisti palesavano il malcontento della classe proletaria, dall’altro i liberalnazionali irredentisti figli della Gran Madre Italia mostravano segni di insofferenza verso la presenza slovena e contro i devoti sudditi asburgici.
Stava per tramontare un mondo stava per spegnersi un ordine superiore stava per dare vita a uno inferiore.
Stanno per nascere gli stati nazionali gli stati di composizione demoniaca.
L’Impero aveva la meravigliosa caratteristica di essere sovranazionale, ovvero, dice Cergoly, di apprezzare e tutelare le caratteristiche individuali dei popoli, e non internazionale (che significa mettersi al di sopra delle caratteristiche nazionali per cancellarle). Per C. lo stile e il vivere dell’Imperatore aveva modellato lo stile e il vivere di tutto l’Impero. Il complesso dell’Imperatore è sia esterno (si vede dal modo di vestire, gestire, dal garbo con cui le cose più difficili e rozze possono essere trattate) che interno, vagante, impalpabile e in tormento.
L’impero austriaco era l’Impero della sicurezza o dell’ottimismo e del lento progresso verso le cose moderatamente moderne.
I patrioti e coloro che combattono contro l’Austria al momento dell’ingresso dell’Italia nella Grande Guerra sono visti in modo negativo, come persone arroganti e violente. E’ il novembre 1928 quando Trieste viene conquistata all’Impero austriaco dagli italiani. Le nuove autorità punteranno poi ad italianizzare i cognomi e chiudere le scuole non italiane; si nota che anche i giornali di lingua tedesca slovena e croata non arrivano più con regolarità. Il nazionalismo è una vera piaga, è “l’ultimo rifugio dei bricconi” per Cergoly, consapevole anche, evidentemente, della posizione periferica che la città assumerà in seguito all’annessione all’Italia:
A Trieste il potente emporio commerciale non troverà mai in seguito uno sviluppo degno del suo passato.
Il romanzo vuol essere un accorato addio ad un tempo felice in cui davvero si era creata e nutrita la natura multietnica, cosmopolita ed armonica di Trieste:
Natura e storia e volontà di popolo riposano in pace accanto all’Imperatore e al suo Impero che era come un gran seme di senape che una volta piantato e piantato secoli fa dà vita a un albero capace di ospitare tra i suoi rami ogni specie d’uccelli.