LETTERATURA ITALIANA, LETTERATURA MODERNA E CONTEMPORANEA

Perché leggere “Gli indifferenti” di Moravia

Perché un testo scritto nella prima metà del Novecento dovrebbe essere ancora oggi valido? Si tratta di una lettura consigliabile oppure meglio evitarla per dar spazio a romanzi scritti ai giorni nostri?

“Gli indifferenti” è un classico, e come tale è senza tempo, è oltre la misura del tempo. Non si tratta di un dramma calato in una precisa dimensione storica e ad essa collegato, si tratta invece dell’espressione di dubbi esistenziali e di problemi assoluti e universali.

Moravia sceglie di concentrare l’azione in due giorni e di focalizzarla su pochi personaggi, una madre, Mariagrazia, con i suoi due figli, Carla e Michele, e due amici di famiglia, Leo e Lisa. L’intenzione è infatti, come dice l’autore, di redigere in forma di romanzo una sorta di dramma, di tragedia.

Ogni personaggio contiene in sé elementi drammatici, sfumature caratteriali e insicurezze diverse, ma tutti sono forse accumunati da un identico malessere e da una certa insoddisfazione, più o meno accentuata e cosciente, verso la vita.

Mariagrazia è il personaggio di cui sappiamo meno, nel senso che viene descritto dal punto di vista degli altri personaggi, principalmente. Sembra in un certo senso una figura negativa, per i sentimenti che suscita negli altri, ovvero pietà, rabbia, rancore. Si tratta di una donna non più giovane, con problemi economici, che accoglie in casa un amico di famiglia, Leo, di cui è segretamente amante. In verità i figli sono coscienti di questa relazione, anche perché Mariagrazia indugia spesso in scenate di gelosia verso Leo e i suoi comportamenti. Lo stesso Leo è il salvatore della donna ma anche il suo carnefice, perché richiede indietro un prestito fatto alla famiglia, altrimenti minaccia di esigere la casa di Mariagrazia per rivenderla. In verità sa che la vendita all’asta frutterebbe alla famiglia una somma notevole, con la quale potrebbero essere saldati i debiti: per questo motivo intende farsi intermediario, “derubando” Mariagrazia degli effettivi introiti derivanti dalla vendita dell’immobile. Ciò fa comunque capire la cecità della donna, che non si accorge delle reali intenzioni di Leo e che addirittura lo reputa sinceramente innamorato di lei. L’uomo rappresenta una sorta di ossessione per Mariagrazia, gelosa e incapace di misurare le sue reazioni di fronte ai figli. Emerge oltre a questo un certo egoismo un po’ infantile della donna, una tendenza al capriccio che mal si concilia con la sua età e con le responsabilità di una madre. Tuttavia, proprio per queste sue fragilità, è difficile avere Mariagrazia in antipatia: con tutti i suoi limiti, il suo comportamento è tuttavia evidente, sincero, senza troppi sotterfugi.

Leo, l’amante e amico di Mariagrazia, è un uomo non più giovane verso cui al contrario è difficile non provare antipatia: opportunista, bugiardo, meschino fino al punto da voler ingannare l’amante e da sedurne la figlia. Nonostante ciò, si tratta forse del personaggio più felice e risolto. Egli ha tutto quel che vuole ottenere e in fondo è pago di se stesso, sa essere calmo e razionale e non è scosso da dubbi o sentimenti profondi. In un certo senso è l’antagonista degli altri personaggi, ma allo stesso tempo è il perno intorno al quale essi ruotano.

Carla è la figlia ventiquattrenne di Mariagrazia, una ragazza carina pur nella presenza di alcuni difetti fisici. La sua descrizione è spesso offerta dal punto di vista libidinoso di Leo, ma apprendiamo molti dettagli anche da quello autoriferito della ragazza, mentre si guarda allo specchio. Carla è infelice e si sente intrappolata in un’esistenza senza senso, soprattutto a causa dei comportamenti infantili ed egocentrici della madre. Decide di dare una svolta alla sua vita commettendo un’azione piuttosto immorale, nella convinzione che anche un cambiamento in peggio possa comunque salvarla da quella noia e indurla a progredire in una direzione diversa.

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Michele è sicuramente il personaggio più consapevole, una sorta, forse, di alter ego dell’autore. Egli ha un punto di vista chiaro e cosciente su se stesso e sugli altri, di lui conosciamo pensieri e riflessioni profonde. Sa benissimo di essere indifferente rispetto a tutti e rispetto a tutto: il suo fallimento sta proprio nel non riuscire a provare sentimenti di nessun tipo e per nessuno. Pertanto non riesce né ad amare, né ad odiare, ma spesso finge, consapevolmente, di agire spinto dall’onda di sentimenti fittizi. Michele sa che le azioni umane sono spinte tutte da una certa mancanza di sincerità, di vero affetto, di solidarietà. Sa che le persone agiscono per un tornaconto materiale, economico o, peggio ancora, fisico. Michele è dunque un censore dei comportamenti umani, di cui smaschera l’ipocrisia e la contraddittorietà. Rimane comunque destinato al fallimento, perché incapace di agire in alcun senso per realizzare ciò che reputa giusto e per affermare sé stesso nel mondo. In questo senso non differisce molto da Carla, benché la sua visione sia più lucida e matura.

Lisa è una donna dall’aspetto pingue e sereno, che sembra trascorrere, come Leo, molto tempo nella realizzazione dei suoi progetti amorosi. Si tratta di un’amica di Mariagrazia, della quale sopporta sovente accuse e capricci. A modo suo è un personaggio, come Leo, abbastanza risolto. Sa quello che vuole e agisce per ottenerlo. In questo senso è più risoluta e forte di Mariagrazia e dei suoi figli, tanto da aver capito la natura meschina di Leo e da arrivare a respingerlo.

Tutti questi personaggi ricordano forse un po’ l’aristocratica nullafacenza del giovin signore di Parini: se lì si trattava, appunto, di una critica al ceto nobile, qui, al contrario viene dipinta l’inerzia colpevole del mondo borghese, sempre interessato ad aspetti materialistici o frivoli e privo di sentimenti positivi, di concretezza, di solidarietà reciproca.

Il romanzo scorre via piacevole e rapido, il lettore è incalzato dalla curiosità di sapere cosa faranno i personaggi. Il tempo della storia è breve, si risolve tutto in un paio di giorni, ma la dovizia di particolari nelle descrizioni lo dilata molto, tanto che la vicenda sembra avvenuta nell’arco di alcuni mesi. Molto interessante il gioco dei punti di vista e la caratterizzazione psicologica non solo dei personaggi, ma anche degli ambienti e degli oggetti, descritti in relazione ai sentimenti dei protagonisti.

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Possiamo dunque chiederci: è vero che di base l’uomo è indifferente rispetto a quello che gli accade intorno e finge soltanto di interessarsene e di provare emozioni e sentimenti veri? Mi sembra una domanda interessante, la cui risposta potrebbe non essere univoca.
E tu, che cosa ne pensi?

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