STORIA ANTICA

Caratteri e meraviglie dell’età ellenistica

•Età ellenistica: 323 a.C – 31 a.C

Il termine “ellenismo” indica la fase successiva alla morte di Alessandro Magno. E’ stato coniato dallo storico J. Droysen. In greco ‛Ελλάς, cioè Ellas/Ellade, è la terra degli Elleni (“Ελληνες).

Nella fase ellenistica si assiste alla diffusione della cultura e della lingua greca nei territori dell’impero creato dal sovrano macedone Alessandro Magno. I successori dell’imperatore divisero l’impero in tanti regni.

I regni ellenistici

Caratteri dei regni ellenistici

  • TERRITORIO: Regni formatisi sui territori dell’ex impero di Alessandro.
  • ISTITUZIONI: Monarchie coadiuvate da funzionari Greci e Macedoni.
  • POLITICA ESTERA: Ogni stato difende la propria indipendenza.
  • ECONOMIA: Frequenti scambi commerciali, aumento della circolazione monetaria; i sovrani controllano la produzione e le esportazioni dei beni. Notevole pressione fiscale. Impoverimento delle masse contadine. Distribuzioni gratuite di cibo da parte dei re.
  • SOCIETÀ: Multietnica, classe dirigente formata da Greci.
  • RELIGIONE E CULTURA: Politeismo con influsso delle religioni orientali; la religione si riduce a una dimensione personale e interiore.
  • LINGUA: Greco come lingua ufficiale  di commercianti e funzionari.

Il greco

La riorganizzazione del potere e degli Stati nell’area greco-orientale ebbe conseguenze sul piano culturale; il greco divenne la lingua comune (koinè) della classe dirigente, dei commercianti, degli uomini di cultura, una lingua ufficiale e universale parlata dal Mediterraneo all’Oriente.

La diffusione del greco omogeneizzò i popoli e facilitò la comunicazione; le aristocrazie orientali si interessarono alla cultura filosofica e letteraria della Grecia classica. I Greci vennero influenzati dall’incontro con le civiltà orientali, in ambito sia politico sia religioso.

Il faro di Alessandria

Fu il re Tolomeo I a farlo innalzare su una piccola isola, Pharos, situata davanti al porto di Alessandria d’Egitto. I lavori durarono vent’anni, e nel 280 a.C. fu inaugurato il primo faro della storia: il Faro di Alessandria.

Con i suoi 130 metri d’altezza, il Faro di Alessandria era l’edificio più alto del mondo dopo le piramidi. Alla sommità un grande fuoco, potenziato da un gioco di specchi, poteva essere visto dalle navi in arrivo fino a 55 km di distanza.

La biblioteca di Alessandria d’Egitto

I sovrani diedero impulso e sostegno alla ricerca in tutti i campi scientifici. Ad Alessandria il re Tolomeo II Filadelfo fondò il Museo (280 a.C), un edificio in onore delle Muse dove giunsero letterati, filosofi, artisti e scienziati da ogni parte del continente. Nel museo vi era una grande Biblioteca, che contenne fino a 700,000 volumi e offrì una sistemazione dei testi greci e una classificazione dei saperi per soggetto.

Vi fu una notevole diffusione del libro, quindi alla cultura orale si sostituì la scrittura: il testo e la parola della poesia divennero più ricercati, rivolti a cultori raffinati della materia.

La nuova biblioteca

La nuova biblioteca di Alessandria

Inaugurata nel 2002, si tratta di un edificio la cui forma sembra un enorme cilindro inclinato verso il mare. Su 85,000 metri quadrati si trovano sale di consultazione, un istituto per la consultazione e il restauro dei libri antichi, una biblioteca per l’infanzia, un museo della scienza, una scuola d’informatica e 600 computer con cui si può accedere in formato digitale ai testi antichi.

La filologia; la traduzione della Bibbia

L’attenzione al testo scritto spinse i grammatici alessandrini ad approfondire le conoscenze sulle opere del passato; ebbe origine la filologia, la disciplina che ricostruisce e commenta i testi scritti dal punto di vista linguistico. Ad Alessandria vennero tradotti i libri dell’Antico Testamento in greco, garantendo la diffusione dell’ebraismo in tutta l’area greco-orientale. La traduzione fu realizzata dai «Settanta», ovvero 70 dotti ebrei incaricati della traduzione per conto del sovrano Tolomeo II. I testi venivano redatti su rotoli di papiro fino al I secolo a.C, quando poi venne usata la pelle di animale sbiancata (questa tecnica sarebbe nata a Pergamo, da lì il termine pergamena).

Individualismo e religione

Sul piano religioso i sentimenti e le paure individuali, le ansie procurate dagli interrogativi sulla morte o sulla vita spinsero alla ricerca di nuove esperienze. Il rapporto col divino divenne più privato e personale, slegato dalla dimensione ufficiale e civica della tradizione greca; alcuni trovarono risposta nella magia, nell’astrologia e nelle religioni orientali, in una mescolanza di pratiche religiose.

Si parla di sincretismo religioso: si individuarono aspetti comuni in culti diversi, sia greci sia orientali, e si arrivò ad unificarli; ad esempio si fusero il culto di Demetra e quello di Iside.

Macchine stupefacenti

Nell’ambito della poliorcètica, ovvero l’arte di espugnare le città, furono inventate nuove armi, tra cui la helèpolis, ovvero la «macchina conquistatrice di una città», un’enorme torre alta 40 metri e montata su una piattaforma mobile. Occorrevano 3000 uomini per manovrarla. Furono inventate e realizzate varie armi, come la catapulta o arieti giganteschi.

Hèlepolis
catapulta - Wikizionario
Copia di antica catapulta –
CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=219437

Bibliografia:

AA.VV., La tela di Penelope 1, Editrice La scuola, 2020.

Bettini, Lentano, Puliga, Il fattore umano 1, Edizioni scolastiche Bruno Mondadori, 2015.

STORIA MEDIEVALE

L’invenzione della stampa

Il libro a stampa

La stampa venne introdotta in Germania a metà del 1400; qui, nell’alta valle del Reno, esisteva già una tecnica di riproduzione di brevi testi e immagini basata sull’utilizzo di matrici in legno duro incise a rilievo o a incavo, poi inchiostrate e impresse su carta o pergamena. Questa tecnica si chiama xilografia.

Esempio di Xilografia, Di Emil Eugen Sachse – Zweihundert Bildnisse und Lebensabrisse berühmter deutscher Männer, 3rd ed., Leipzig 1870, editor Ludwig Bechstein (Google Books);already present in first edition (1854) : Google Books, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=47049249

Il limite della xilografia era che gli stampini in legno potevano riprodurre soltanto testi brevi, data la difficoltà a sviluppare lunghe linee di testo continue dovendo incidere i caratteri a rovescio (la destra e la sinistra erano invertite); inoltre il foglio stampato poteva essere utilizzato solo da un lato, a causa della profondità dell’impronta, e ogni matrice poteva contenere un solo testo per cui andava sempre incisa di nuovo per stampare opere diverse. Inoltre le matrici avevano una durata breve perché il supporto di legno andava soggetto a una naturale consunzione. La xilografia si sviluppò in effetti in concomitanza con la lavorazione del legno, mentre la stampa si collega da subito al mondo della lavorazione dei metalli.

L’orefice tedesco Johannes di Gutemberg (1394-1468) inventò una soluzione per produrre in serie i singoli caratteri tipografici; questi caratteri potevano essere combinati insieme su delle forme metalliche per dare origine a sequenze di lettere, righe, pagine e quindi testi pronti per essere inchiostrati e successivamente impressi su carta.

Dal 1450 Gutemberg impiantò un’officina per la stampa libraria a Strasburgo: qui venne stampata in 180 copie la grande Bibbia latina in due volumi, detta anche la Bibbia delle 42 righe, dal numero di linee per ogni pagina. Ben presto l’impresa tipografica fallì e Gutemberg lavorò in altre officine, trasmettendo il proprio sapere ai suoi collaboratori.

Una pagina della Bibbia di Gutemberg
Di Johannes Gutenberg – From a scan at the Ransom Center of the University of Texas at Austin http://www.hrc.utexas.edu/exhibitions/permanent/gutenberg/, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=409361

Il sistema della stampa

Il procedimento di stampa attraversava queste 3 fasi:

  1. Il progetto grafico delle lettere;
  2. L’incisione dei punzoni;
  3. La fusione del carattere.

I grafici riproducevano la scrittura dei codici; queste erano le tipologie di carattere usate in ambito italiano: il gotico (o littera moderna),  il tondo (o littera antiqua, che si ispira all’antica minuscola carolina) e il corsivo.

Definito il carattere, era necessario incidere il contropunzone in acciaio dove veniva trasferito il disegno della lettera; in seguito si riscaldava un punzone, sempre d’acciaio, per ammorbidirlo e renderlo atto a ricevere l’impronta del contropunzone. L’impronta diventa poi la cavità che riceve il metallo fuso, una volta posta nella forma. La forma è lo strumento che ospita le matrici ed è fatta da due parti metalliche coperte di legno in funzione isolante. Si colava una lega di metalli (piombo, stagno, antimonio, bismuto) nella matrice e successivamente si estraeva il carattere, che veniva ulteriormente lavorato. Si facevano moltissime fusioni ogni giorno, circa 3-4000, di varie grandezze e fatture a seconda del disegno dell’alfabeto.

Un punzone (a sinistra) e la matrice da lui prodotta (a destra)
Di Theodore Low De Vinne (1828-1914) (author of the book for copyright purposes; no engravers identified)(Made by combining two illustrations from the book source and digitally cleaned up by uploader) – The Practice of Typography: Modern Methods of Book Composition (1904), New York: The Century Co., p. 16 and 17. Digital scan available at https://archive.org/details/practiceoftypogr1904devi, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=24438612

Data la grande perizia necessaria per la corretta composizione chimica della lega metallica, i più grandi stampatori furono proprio i professionisti del metallo (incisori, fonditori, orafi, argentieri).

I caratteri venivano poi composti sulle pagine collocate sulla forma; l’insieme delle pagine veniva poi posto su un carrello portaforma che veniva inchiostrato e passato sotto il torchio. La disposizione delle pagine nella forma doveva essere stabilita in anticipo in modo da calcolare con esattezza l’ordine che ogni facciata avrebbe assunto una volta piegato il foglio.

In caso di prime stampe era inoltre necessario suddividere il manoscritto in tante porzioni prevedendo la quantità di testo e di caratteri necessari per comporre la pagina tipografica. Il compositore doveva leggere il testo, prendere i caratteri dai cosiddetti “cassettini” e disporre le lettere in ordine inverso a quello naturale, ovvero da destra verso sinistra.

Il piano portaforma veniva collocato su un carrello posizionato su rotaie che si spostavano sotto la pressa, denominata “platina”. Il cosiddetto tiratore azionava la platina e imprimeva il foglio sulla forma inchiostrata. Esisteva anche un battitore che si occupava dell’inchiostrazione delle forme mediante due tamponi di lana o pelo, detti mazzi.

La stampa a caratteri mobili in una xilografia del 1568
Di Jost Amman – Meggs, Philip B. A History of Graphic Design. John Wiley & Sons, Inc. 1998. (p 64), Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2777036

L’inchiostro era composto da un pigmento scuro ricavato dalla fuliggine, sciolto ad alta temperatura in olio di lino.

La carta doveva essere morbida ed elastica in modo da non lacerarsi e al contempo densa abbastanza da non far trasparire l’inchiostro; essa era il prodotto della lacerazione degli stracci, dalla quale si otteneva una pasta densa che veniva raccolta in un telaio e fatta asciugare singolarmente; al centro del foglio era visibile la filigrana, ovvero il marchio di fabbrica della cartiera di provenienza. Il costo della carta veniva addebitato al cliente che commissionava l’edizione.

Inizialmente gli incunaboli, cioè i testi stampati fino al 1500, avevano le stesse dimensioni dei manoscritti, variabili anche in base al genere del libro; in seguito i formati divennero più piccoli per questioni di costo.

Incipit del Lattanzio impresso nel monastero di Subiaco, il primo incunabolo con data certa (29 ottobre 1465) stampato in Italia
Di Lactantius (text); Arnold Pannartz and Konrad Sweynheim (printers) – http://www.summagallicana.it/lessico/l/Lattanzio.htm, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=12866999

Il formato di un volume a stampa dipende dal numero di piegature di un singolo foglio: maggiore è il numero, minore è il formato del libro. Per individuare il formato si fa spesso riferimento alla posizione della filigrana, che varia in base alle piegature, oppure in base all’orientamento dei filoni e delle vergelle (cioè linee verticali e orizzontali determinate dai fili di rame del telaio usato per produrre la carta).

Si calcola che un’officina tipografica lavorasse 10-12 ore al giorno imprimendo 1250 fogli circa; al momento dell’introduzione della stampa la tiratura media fu di circa 300-500 esemplari, e arrivò a 1000 copie verso la fine del secolo.

FONTE:

AA.VV, Breve storia della scrittura e del libro, Carocci, 2016, pp. 85-100.