Giuseppe Pontiggia è l’autore di trentatré conversazioni sulla scrittura, pubblicate su due riviste negli anni Novanta, e di quattro lezioni sul medesimo tema. Mondadori ha raccolto questi interventi in un unico volume dal titolo “Per scrivere bene imparate a nuotare”, edito nel febbraio 2020.
Pontiggia ritiene che non si nasca scrittori, ma che lo si diventi “dopo un tirocinio molto duro, fatto di tentativi, scacchi, fallimenti”.
Ecco in sintesi alcune delle osservazioni e dei suggerimenti per scrittori in erba che l’autore enuncia nella sua intervista:
- Se si chiede consiglio a parenti e conoscenti quando si scrive, occorre fidarsi più delle critiche che dei complimenti.
- Lo scrittore ha il compito di scoprire, di dire qualcosa di nuovo evitando la banalità; deve inoltre essere sincero.
- Lo scrittore deve leggere molto per evitare di imitare pedissequamente. Bisogna apprendere più linguaggi per trovare il proprio.
- E’ opportuno attingere all’esperienza e alla memoria, ma non basta. Il lavoro di rielaborazione, tecnica e invenzione è necessario, per esprimere con precisione un pensiero o un’emozione così da interessare il lettore.
- Pertanto l’ispirazione deve sempre fare i conti con la tecnica; sono due elementi complementari.

- La retorica, ovvero la rhetoriké téchne, la tecnica del parlare in modo efficace, è importante; serve a trovare le idee e ad esprimerle più efficacemente. Aiuta anche l’ispirazione.
- L’ispirazione può aiutare a superare problemi tecnici, e la tecnica, inclusa la retorica, può agevolare l’ideazione. La tecnica aiuta a risolvere i problemi veri e a non crearsene di immaginari. Ad esempio alcuni autori si pongono subito il problema del nome da dare ai personaggi, della loro descrizione psicofisica, ma non sanno che in realtà il testo funziona anche senza questi elementi, non sono sempre indispensabili e non vanno subito definiti.
- Gli antichi Greci credevano che l’ispirazione provenisse dall’esterno, fosse un elemento religioso scaturito dalle Muse, figlie della memoria. Oggi abbiamo interiorizzato le Muse, anche se continuiamo a credere che l’ispirazione ci provenga dall’esterno.

- Non esiste in un romanzo una trama di cui si possa parlare in termini oggettivi, la trama vera è il testo. Quando si riassume una trama spesso si fraintendono i contenuti.
- Per scrivere bisogna immaginare, non basta ricordare, anche se l’immaginazione può elaborare dei ricordi. Memoria e immaginazione lavorano dunque insieme.
- L’arte crea la bellezza.
- L’artista dovrebbe creare qualcosa di accattivante e coinvolgente per il lettore; non sempre aderire fedelmente alla realtà, assecondando il cosiddetto pregiudizio realistico, è una buona idea: il risultato potrebbe essere noioso.
- La retorica serve all’efficacia dell’espressione, in particolare perché insegna due strategie: l’antitesi e la capacità di giocare con il linguaggio.
- La retorica in quanto tecnica, ars, aiuta la naturalezza della scrittura, che appunto non è un fatto spontaneo, ma meditato. Si potrebbe dire che scrivere sia come nuotare: non viene spontaneo, ma è necessario imparare una tecnica.
- Certo non bisogna esagerare con le strategie retoriche, ma badare soprattutto ai significati che vogliamo trasmettere.
- La scelta di un solo avverbio sbagliato può alterare il significato di una frase e diminuirne l’efficacia espressiva.
- Sono pochi gli scrittori che hanno approfondito lo studio della retorica, e che ne hanno una conoscenza sistematica e storica; invece la hanno assimilata attraverso i modelli e gli esempi.

- Quando si sceglie un nome per un personaggio è opportuno che sia adeguato al contesto; ad esempio, a meno che non si voglia ottenere effetti grotteschi, inutile dare un nome aristocratico a personaggi umili. Certo talvolta gli autori scelgono con cattivo gusto assecondando il cattivo gusto dei lettori, e quindi la scelta appare funzionale.
- Ci sono nomi molto evocativi; ad esempio se Dante avesse chiamato Piccarda “Adalgisa” forse non avrebbe ottenuto lo stesso risultato. Anche i nomi sono portatori di un significato, persino le vocali possono modificarlo. Ad esempio una persona in carne forse non sceglierebbe per sé il nome “Pik”, ma preferirebbe “Pok”.
- Come l’avverbio, anche l’aggettivo va ben ponderato; a volte meglio toglierlo, altre ne servono diversi per ottenere l’effetto desiderato. Inoltre è bene pensare se l’aggettivo dapprima funziona nel suo senso letterale, per poi capire se è efficace la sua trasposizione metaforica; dire che uno stile è “graffiante” è meno adeguato che definirlo “incisivo”, “tagliente”, “penetrante.
- Fondamentare è evitare frasi fatte e luoghi comuni; ad esempio “su questo argomento scorrono fiumi d’inchiostro” contiene un’immagine goffa, perché l’inchiostro non scorre a fiumi, non lo si versa e non si usa più da decenni.
- I best-seller, a prescindere dal loro valore letterario, non seguono la moda, la creano, perché introducono qualcosa di nuovo.
- L’incipit deve suscitare interesse e curiosità prima di tutto in chi lo scrive, altrimenti significa che non si sta scoprendo niente ma replicando qualcosa di già noto.

L’autore riassume i suoi precetti in quattro lezioni:
Lezione 1: a scrivere bene si può imparare. Non si nasce scrittori, lo si diventa dopo un lungo tirocinio.
Lezione 2: per scrivere bisogna pensare. Non basta aver vissuto una storia avventurosa, è necessario inventarla, trovarla sulla pagina scritta, dal latino “invenire”, trovare. Le migliori idee nascono a tavolino.
Lezione 3: è impossibile trascrivere quello che uno dice. Parlare e scrivere sono due azioni diverse che hanno in comune la parola L’oralità è linguaggio della parola e del corpo, ovvero del tono, delle pause, dei gesti, dello sguardo; importante è anche lo sfondo, l’ambientazione del dialogo
Lezione 4: per alcuni studiosi americani l’incidenza della parola in un discorso è del 7 per cento; il resto è tono, sguardi, gesti, simpatia, sfondo ecc. Parlare non dovrebbe essere ripetere, dovrebbe invece significare scoprire in quel che si dice qualcosa che si è vissuto, o si pensa o si prova. Allo stesso modo, scrivere non è trascrivere, ma scoprire, inventare qualcosa che il testo svela, piano piano.
