LETTERATURA MODERNA E CONTEMPORANEA

Avete il “Cuore” di leggerlo?

Avete il “Cuore” di leggerlo?
Il libro Cuore ricorda una raccolta di omelie della messa domenicale. Il narratore interno, Enrico, racconta un anno scolastico sotto forma di diario. Il punto di vista del ragazzo è talvolta interrotto da quello dei genitori, autori di brevi lettere indirizzate al figlio, contenenti in genere ammonimenti o inviti alla riflessione su questo o su quel tema. La narrazione è interrotta da alcuni racconti di fantasia ideati nel contesto della classe, come compito di scrittura.
In sintesi, questo è il messaggio del romanzo: bisogna essere buoni con il prossimo, fare l’elemosina, aiutare i compagni di classe, non prenderli in giro, difendere i più deboli, prestare aiuto in famiglia ecc.

Nach der Schule *oil on panel *75 x 62 cm *signed b.l.: Waldmüller 1841


L’autore ci riassume nelle prime pagine il profilo dei personaggi principali, ovvero degli studenti della III elementare, sezione Baretti, dei loro parenti e  dei maestri. Fornisce anche alcune indicazioni sui personaggi secondari e sui luoghi del romanzo, ovvero Torino, Rivoli e Moncalieri. La prima è la città dove Enrico abita, le altre due sono mèta di escursioni e di villeggiatura per la famiglia del ragazzino.
Insomma, De Amicis non ci lascia scoprire nulla, spiega tutto minuziosamente. E dalla sua stessa descrizione vediamo che i personaggi per lo più o sono buoni o sono cattivi. Vi è un personaggio, Votini, molto vanesio, che tuttavia ha il cuore non cattivo, come apprendiamo dall’episodio in cui appare dispiaciuto per la sofferenza di un bambino cieco.
Inoltre i ragazzi della classe sono più o meno sfortunati e più o meno abbienti.  Alcuni hanno qualche familiare malato oppure sono penalizzati da qualche difetto fisico che li rende facile preda del bullismo, in particolare delle angherie di Franti, il vero antagonista nella vicenda. Poi troviamo il cliché del povero capace che si dà tanto da fare, vedi Coretti, che aiuta il padre falegname e trova il tempo di accudire la madre e di ripassare la lezione con profitto. Ci sono anche il povero bibliofilo, Stardi, e il timidissimo Precossi, valente ma sfortunato in quanto sembra che il padre lo picchi (l’autore aggiunge: speriamo che non sia vero). I nomi sembrano quasi parlanti, se pensiamo al verbo latino frangere che si collega al nome del “bullo” della classe, ovvero Franti, oppure al pronome latino Nobis, cognome del signorino altezzoso e snob.

Albert Anker, La scuola del villaggio, 1848
Albert Anker, La scuola del villaggio, 1848


Ogni paginetta di diario contiene un episodio, dove si avvicendano i vari personaggi, sempre in relazione ad Enrico. Possono essere paragonati a piccoli episodi da sit-com, in cui non si verificano in genere grandi avvenimenti. Manca forse un’evoluzione dei personaggi, che appaiono come figurine stereotipate.
Le descrizioni sono semplici, così come lo è il linguaggio.
Vale la pena leggerlo? Per i bambini, assolutamente sì: propone un modello rassicurante, elemento che in un periodo di difficoltà familiari (e non solo) come quello contemporaneo non è certo da trascurare. Fornisce un esempio di valori positivi, per cui che importa se i personaggi risultano stereotipati, se la vicenda non è troppo accattivante, se a tratti il libro appare un po’ troppo “moralizzatore” nei suoi intenti? L’infanzia ha bisogno di certezze, di parole dolci, di un sentiero di condotta semplice e luminoso.
Lo consiglierei a un adulto? Non lo so, per i difetti di cui sopra. O meglio, consiglierei di leggerne almeno una parte, per rendersi conto di quale canto abbia intonato un simile classico della letteratura. In primo luogo si tratta di una sorta di documento degli usi e costumi ottocenteschi in materia di scuola, lavoro e società. Inoltre in effetti, abbiamo bisogno forse più dei bambini di sentirci coinvolti da un afflato di solidarietà umana, di pietà umana. Sembrano sentimenti scontati, ma la cronaca dei nostri tempi tradisce invece una mentalità individualista che mira a sottrarre al prossimo più che a donare.

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In certi punti poi la narrazione di De Amicis si fa quasi poetica, come quando racconta della reazione del padre di Precossi, un violento, alla vincita della seconda medaglia del figlio per la sua ottima condotta scolastica e per il suo notevole profitto:

“Il fabbro, che era stato a sentire con la bocca aperta, guardò fisso il Sovrintendente e il Direttore, e poi fissò il suo figliuolo, che gli stava davanti, con gli occhi bassi, tremando; e come se ricordasse e capisse allora per la prima volta tutto quello che aveva fatto soffrire a quel povero piccino, e tutta la bontà, tutta la costanza eroica con cui egli aveva sofferto, mostrò a un tratto nel viso una certa meraviglia stupita, poi un dolore accigliato, infine una tenerezza violenta e triste, e con un rapido gesto afferrò il ragazzo per il capo e se lo strinse sul petto”.


Allora, abbiate Cuore, e leggete questo classico della nostra letteratura, mettendo magari a tacere il vostro bisogno di sfumature: qui troverete solo il bianco, che ad ogni modo è uno splendido non-colore. 

LETTERATURA STRANIERA

“I dolori del giovane Werther” di Goethe

I dolori del giovane Werther è un romanzo epistolare dello scrittore tedesco Johann Wolfgang Goethe, in cui il protagonista racconta la propria storia attraverso le lettere che invia all’amico Guglielmo. Le vicende prendono forma perciò grazie al ritmo serrato delle missive, datate 1771; ad un tratto la narrazione in prima persona è interrotta per lasciare spazio alle parole dell’editore, che chiariscono gli eventi conclusivi dell’intreccio.

Come emerge dal titolo, i protagonisti dell’opera sono Werther, la sua giovinezza e i suoi dolori. Tutto ruota intorno al giovane, che dà puntuale rappresentazione di se stesso e del mondo circostante; gli altri personaggi esistono in relazione a lui, e nel modo in cui egli crede che esistano. Fin dal primo incontro con la protagonista femminile, Carlotta, Werther rimane affascinato: le attribuisce ben presto qualità lodevoli, ovvero semplicità, intelligenza, bontà, carattere e solerzia. La idealizza e la ama in modo totalizzante, tuttavia l’amore non può essere dichiarato, né tantomeno ricambiato alla luce del sole: Carlotta è infatti promessa sposa ad Alberto, di cui Werther diverrà amico. Il sogno di possedere l’oggetto del proprio desiderio si scontra quindi con la realtà: l’incapacità di adattarsi agli eventi esterni, a causa della forza assoluta del proprio sentire, condurrà il protagonista ad un’estrema decisione.

Definirei quella di Werther la vicenda romantica di sentimenti mai ricondotti al lume della ragione. In più punti del testo epistolare il giovane dissemina la sua filosofia di vita, anarchica ed emotiva; essa emerge ad esempio nel discorso relativo all’arte: un artista che segue le regole, pur producendo qualcosa di non brutto, tuttavia distrugge il sentimento della natura.

Si ridimensiona così non solo il valore di leggi e regole, che sono certo frutto della ragione, ma persino quello della conoscenza: ciò che Werther sa, chiunque lo può imparare, ma solo lui possiede il suo cuore.

El Beso (Pinacoteca de Brera, Milán, 1859).jpg

Francesco Hayez, Il bacio, 1859, Milano, Pinacoteca di Brera.