STORIA MEDIEVALE

Come gli umanisti hanno cambiato la scuola

Francesco Petrarca odiava la scuola, e aveva un’opinione molto negativa degli insegnanti. Ebbene sì, stiamo parlando proprio di uno dei più grandi letterati italiani, uomo di profonda cultura, fine conoscitore dei testi latini. In una delle sue epistole Familiares, la XII-2, esorta l’amico Zanobi da Strada, maestro di scuola, a lasciar perdere l’insegnamento, mestiere adatto a chi non è capace di far di meglio e non ha ambizioni in termini di guadagno e di gloria. Gli insegnanti, sostiene il poeta, amano sentire sotto di sé esseri inferiori da poter tiranneggiare, terrorizzare e torturare. I veri maestri invece, per il poeta toscano, sono i grandi autori latini del passato.

Forse questo parere troverà concordi molte persone ancora oggi, tuttavia conviene dare uno sguardo all’organizzazione della scuola nel Medioevo. Nella civiltà dei Comuni esistevano sia scuole vescovili sia scuole laiche, dovute o all’iniziativa privata di un singolo o di una corporazione oppure all’azione pubblica, con maestri stipendiati dal Comune. Esistevano poi due livelli di scuola, quello dei non latinantes e quello dei latinantes (coloro che imparavano a comporre in latino).

  • Non latinantes:
  • Pueri de tabula (tabula=foglio di carta), imparavano a leggere e a scrivere; il loro libro di riferimento era il Salterio, ovvero il testo che raccoglieva i Salmi.
  • Donatisti: coloro che iniziavano a studiare la morfologia del latino, imparando a memoria le regole del Donatus, una grammatica molto usata all’epoca. Il libro di lettura erano i Disticha Catonis, ovvero una raccolta di sentenze in esametri.
  • Latinantes:
  • Minores: proseguivano con lo studio della grammatica latina sul Doctrinale di Alessandro di Villedieu e leggevano gli auctores minores, tra cui ad esempio Esopo.
  • Proseguivano poi con gli auctores maiores (ad esempio Virgilio, Ovidio, Terenzio, Lucano, Stazio, Seneca), guidati da un auctorista.

Studenti di filosofia alla Sorbona di Parigi, in abiti e tonsura da chierici (Grandes Chroniques de France)
Di sconosciuto – Castres, bibliothèque municipale, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3915867

Sferzate e punizioni corporali erano, nella scuola medievale, all’ordine del giorno; se ci aggiungiamo poi che i cosiddetti auctores minores erano considerati di bassa qualità da Petrarca, non è difficile capire perché il grande poeta avesse una pessima considerazione dell’istituzione scolastica. Del resto egli stesso era un vero autodidatta, imparava da solo grazie alla lettura dei grandi autori latini del passato.

Petrarca, per quanto pre-umanista, era ancora immerso in una mentalità decisamente medievale. Ma in pieno umanesimo, circa un secolo dopo, molti uomini di cultura misero la scuola al centro della loro riflessione e iniziarono ad elaborare nuove teorie pedagogiche.


Niccolò Perotti, ”Rudimenta grammatices’ 1468. A sinistra un libro manoscritto (che funge da ”exemplum”) e, a destra, la corrispondente pagina stampata.

Gli umanisti, che avevano riscoperto il latino dei classici, non potevano essere concordi con l’idea di un’educazione basata sul latino corrotto e imbarbarito degli auctores minores , né ritenevano di buona qualità i manuali scolastici in uso. Per queste ragioni cercarono di modificare la scuola dal suo interno, elaborando nuove teorie educative e didattiche:

  • Le punizioni fisiche non servivano all’educazione dei fanciulli;
  • Era necessario studiare in modo diretto gli autori latini, snellendo lo studio della grammatica;
  • Si doveva curare molto la pronuncia, l’ortografia, la metrica, il lessico;
  • Molto utile era la traduzione di brevi frasi dal volgare al latino e la composizione libera di testi;
  • Il maestro e i fanciulli dovevano conversare in latino;
  • Grande importanza avevano le discipline scientifiche e la filosofia.

Fondamentale era inoltre per gli umanisti che i fanciulli avessero una buona conoscenza dei concetti, ma anche che sapessero esprimerli in modo degno, ricco, adorno. Dal momento inoltre che era stato riscoperto il greco grazie al maestro bizantino Crisolora, anche questa lingua diventò oggetto di insegnamento.

Tra gli umanisti, i maggiori pedagoghi furono Guarino Veronese e Vittorino Rambaldoni. Il primo sosteneva che il fanciullo dovesse sviluppare la sua persona in modo completo, e per questo riteneva importanti anche l’educazione fisica, l’attività sportiva e la socialità tra i discenti. Vittorino invece poneva molto l’accento sulla rettitudine morale dei giovani e sulla loro attitudine alla riflessione interiore, legata anche allo studio approfondito dei testi sacri. Gli umanisti, spesso, scrissero delle grammatiche del latino ad uso dei propri studenti: ne sono esempio le Regulae di Veronese (1428) e il successivo e fortunato Rudimenta grammatices di Niccolò Perotti (1468).

Di Giovanni Battista Gigola, Joseph Benalea – Carlo de’ Rosmini, Vita e disciplina di Guarino Veronese e de’ suoi discepoli, Brescia, Niccolo’ Bettoni, 1805, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3470516

Certamente queste ventate di rinnovamento interessarono principalmente le classi più elevate, mentre per gli altri la scuola rimase a lungo immutata, sia nei metodi sia negli strumenti in uso. Tuttavia le nuove posizioni degli umanisti furono di grande rilievo per condurre a una trasformazione in positivo dell’istituzione scolastica. Come ha sottolineato lo studioso Cesare Vasoli,

la scuola umanistica sarà alla base della pedagogia europea sin quasi ai giorni nostri (Immagini umanistiche, p. 54).

  • FONTI:
  • G. Cappelli, L’umanesimo italiano da Petrarca a Valla, Carocci, 2007.
  • S. Rizzo, Il latino nell’Umanesimo, in Letteratura italiana, V, Le questioni, Torino, Einaudi, 1986.