LETTERATURA ITALIANA, LETTERATURA MODERNA E CONTEMPORANEA

Siamo tutti “Canne al vento”

“Ma perché tutto questo, Efix, dimmi, tu che hai girato il mondo: è da per tutto così? Perché la sorte ci stronca così, come canne?”

“Sì”, egli disse allora, “siamo proprio come le canne al vento, donna Ester mia. Ecco perché! Siamo canne, e la sorte è il vento.”

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Con queste parole pronunciate dal “protagonista” si giustifica il titolo di questo romanzo edito nel 1913 e afferente al filone del verismo romantico. La parola “protagonista” è inserita tra virgolette perché in realtà Efix appare come un osservatore di vicende che lo riguardano in parte, in quanto servo della famiglia Pintor, appartenente alla nobiltà decaduta. Un giorno viene comunicato alle tre sorelle Pintor Ruth, Ester e Noemi che il loro nipote Giacinto, figlio di un’altra sorella di nome Lia, fuggita in gioventù, verrà a stare presso di loro. Efix ne è contento in quanto pensa che una figura maschile per le tre sorelle avrebbe potuto assumere un ruolo di protezione. Solo donna Noemi è titubante rispetto all’arrivo del giovane, che infatti si rivela piuttosto sprovveduto in quanto accumula debiti che paga prendendo a prestito dall’usuraia del paese. Infine sarà costretto a cercare un’occupazione altrove, lasciando sola la ragazza con cui aveva frattanto iniziato una relazione.

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La narrazione viene esposta in modo piuttosto realistico, con dovizia di descrizioni dei paesaggi, ma non dei personaggi. Si tratta di una storia da cui si possono trarre spunti di carattere etnografico, sulle usanze di una Sardegna primitiva e popolana. Si parla di vecchi errori, di vecchi rancori che caratterizzano la famiglia Pintor e il fedele servo Efix, il quale nasconde però un segreto che in un certo senso è motore della vicenda in quanto ha fatto sì che l’uomo spronasse le dame Pintor ad accettare Giacinto.

Al centro della storia dunque è da un lato la debolezza umana di Efix, che partirà ad un certo punto finendo con il diventare un mendicante, dall’altro l’amore di donna Noemi per Giacinto. Quest’ultimo sentimento viene solo accennato, si allude ad esso come a qualcosa di inconcepibile per l’uomo, l’amore non platonico di una zia per il proprio nipote. Un doppio matrimonio finale stroncherà la realizzazione di ogni impossibile desiderio proibito.

Consiglio questo romanzo agli amanti degli autori veristi, a cui piaccia la descrizione di un mondo povero caratterizzato da sentimenti semplici, quasi primitivi.

Non lo consiglio a coloro che abbiano passione per lo scandaglio psicologico dei personaggi: qui non vi è eccessiva introspezione psicologica, o meglio si comprende quest’ultima indirettamente in base alle parole e ai gesti compiuti dai personaggi.

Molto suggestive le descrizioni, a tratti poetiche.