LETTERATURA ITALIANA, LETTERATURA MODERNA E CONTEMPORANEA

Siamo tutti “Canne al vento”

“Ma perché tutto questo, Efix, dimmi, tu che hai girato il mondo: è da per tutto così? Perché la sorte ci stronca così, come canne?”

“Sì”, egli disse allora, “siamo proprio come le canne al vento, donna Ester mia. Ecco perché! Siamo canne, e la sorte è il vento.”

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Con queste parole pronunciate dal “protagonista” si giustifica il titolo di questo romanzo edito nel 1913 e afferente al filone del verismo romantico. La parola “protagonista” è inserita tra virgolette perché in realtà Efix appare come un osservatore di vicende che lo riguardano in parte, in quanto servo della famiglia Pintor, appartenente alla nobiltà decaduta. Un giorno viene comunicato alle tre sorelle Pintor Ruth, Ester e Noemi che il loro nipote Giacinto, figlio di un’altra sorella di nome Lia, fuggita in gioventù, verrà a stare presso di loro. Efix ne è contento in quanto pensa che una figura maschile per le tre sorelle avrebbe potuto assumere un ruolo di protezione. Solo donna Noemi è titubante rispetto all’arrivo del giovane, che infatti si rivela piuttosto sprovveduto in quanto accumula debiti che paga prendendo a prestito dall’usuraia del paese. Infine sarà costretto a cercare un’occupazione altrove, lasciando sola la ragazza con cui aveva frattanto iniziato una relazione.

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La narrazione viene esposta in modo piuttosto realistico, con dovizia di descrizioni dei paesaggi, ma non dei personaggi. Si tratta di una storia da cui si possono trarre spunti di carattere etnografico, sulle usanze di una Sardegna primitiva e popolana. Si parla di vecchi errori, di vecchi rancori che caratterizzano la famiglia Pintor e il fedele servo Efix, il quale nasconde però un segreto che in un certo senso è motore della vicenda in quanto ha fatto sì che l’uomo spronasse le dame Pintor ad accettare Giacinto.

Al centro della storia dunque è da un lato la debolezza umana di Efix, che partirà ad un certo punto finendo con il diventare un mendicante, dall’altro l’amore di donna Noemi per Giacinto. Quest’ultimo sentimento viene solo accennato, si allude ad esso come a qualcosa di inconcepibile per l’uomo, l’amore non platonico di una zia per il proprio nipote. Un doppio matrimonio finale stroncherà la realizzazione di ogni impossibile desiderio proibito.

Consiglio questo romanzo agli amanti degli autori veristi, a cui piaccia la descrizione di un mondo povero caratterizzato da sentimenti semplici, quasi primitivi.

Non lo consiglio a coloro che abbiano passione per lo scandaglio psicologico dei personaggi: qui non vi è eccessiva introspezione psicologica, o meglio si comprende quest’ultima indirettamente in base alle parole e ai gesti compiuti dai personaggi.

Molto suggestive le descrizioni, a tratti poetiche.

LETTERATURA STRANIERA

“I misteri di Udolpho” di Ann Radcliffe

Trama in sintesi

Nella Francia del 1584 la giovane Emily St. Aubert, rimasta orfana di entrambi i genitori, viene rinchiusa dalla zia Madame Cheron e dal suo compagno nel tenebroso castello di Udolpho. Iniziano dunque per lei una serie di avventure che metteranno a dura prova la sua capacità di affrontare situazioni difficili.

Commento

“Fino a che avrò Udolpho da leggere, mi sentirò come se nulla potesse rendermi infelice”. Con queste parole Jane Austen commentava il suo rapporto con il fortunato romanzo della Radcliffe. Effettivamente le mille pagine e più del romanzo inglese scorrono con grande rapidità e diventano quasi un compagno di viaggio nelle giornate del lettore. Non so se sia l’effetto della traduzione italiana di Vittoria Sanna, ma lo stile del romanzo, caratterizzato dalla dovizia di dettagli e di descrizioni di situazioni anche piuttosto quotidiane rendono il romanzo piacevole. 

La struttura prevede 4 libri ciascuno dei quali si compone di svariati capitoli introdotti da una citazione tratta da testi poetici o drammaturgici. La stessa narrazione si interrompe per dare spazio a inserti di poesia composta o letta dai vari personaggi. 

Le vicissitudini della giovane Emily dalla Francia all’Italia appaiono velate di un senso di mistero, in quanto eventi più o meno soprannaturali fanno la loro comparsa, soprattutto durante la permanenza della ragazza nel castello di Udolpho, che appunto dà il titolo al romanzo. Accanto a questo elemento “dark” l’autrice riesce a raccontare ogni singolo pensiero o azione dei personaggi, non mancando mai di inserire dettagli e sfumature, anche relative all’ambiente dove si svolge la vicenda. Questo ovviamente conferisce una naturale verosimiglianza al romanzo, al netto di qualche approssimazione su elementi geografici o botanici (ad esempio quando l’autrice colloca i pini su Appennini e Pirenei). Si può intendere il romanzo come una sorta di romanzo di formazione, dove sembrano apparire spunti di carattere autobiografico.

Forse non si può dire che il romanzo incuta un reale spavento, ma certo è antesignano del genere gotico, anche se le vicende surreali vengono spesso spiegate razionalmente. I personaggi sono inoltre tendenzialmente o positivi o negativi, e l’autrice cerca di tratteggiarne le caratteristiche in modo preciso, senza dare molto spazio a sfumature.

All’interno del romanzo troviamo alcuni “tipi” caratteriali: la ragazza giovane e sensibile piena di valori, di cui Emily rappresenta un esempio, la matrigna superficiale e capricciosa, il patrigno malvagio e senza scrupoli, il padre amorevole e saggio, la servitrice fedele e chiacchierona, la nobildonna bella e sfortunata ecc.

Anche i luoghi sembrano ripetersi: il castello misterioso pieno di stanze chiuse è presente in Italia e allo stesso modo in Francia e in entrambe le location si percepiscono musiche la cui provenienza appare inizialmente soprannaturale.

Il soprannaturale tuttavia non resiste, nel senso che infine l’autrice spiega tutti gli enigmi in modo razionale, pertanto il messaggio dell’autrice è piuttosto chiaro e forse l’obiettivo vero del romanzo non è solo generare paura nel lettore, ma mostrare che alla fine il bene prevale sul male, come sembra dirci lei stessa alla fine della narrazione:

Vediamo che il finale del romanzo offre una morale semplice ma calzante rispetto all’intenzione dell’autrice e al suo stile di scrittura:

Sì! E il mio augurio è che possa servire a qualcosa avere mostrato che, anche se a volte i malvagi possono accumulare le afflizioni sui buoni, il loro potere è transitorio e il loro castigo sicuro; e che l’innocenza, benché oppressa dall’ingiustizia, trionferà in ultimo sulla sventura, purché sostenuta dalla pazienza!

Mi sono spaventata leggendo Udolpho? Non direi, come accennavo prima il romanzo è una compagnia piacevole e gli elementi più noir sono mitigati da uno stile descrittivo che spiega ogni aspetto, anche quello più misterioso. 

Trama in dettaglio

Nella quiete della Guascogna, sulle sponde della Garonna, si svolge la tranquilla e lieta vita della famiglia di St. Aubert e della moglie. Persi gli altri figli, conducono una serena esistenza immersi nella natura e nello studio, educando ai loro valori la figlia Emily. Purtroppo un evento distrugge la quiete della famiglia: la morte della madre, che getta il resto della famiglia in uno stato di profonda tristezza.

Emily e il padre partono per un viaggio dalla Linguadoca per raggiungere la regione del Roussillon, nella Francia meridionale, verso i Pirenei. Durante il viaggio conoscono un giovane uomo solitario, di nome Valancourt, con cui iniziano un rapporto di amicizia e che li accompagnerà nel restante tragitto tra luoghi suggestivi e anche pericolosi. Nasce un’intesa speciale tra Emily e Valancourt, che il padre osserva con tenerezza, ma che viene interrotta dalla decisione del giovane di lasciare la compagnia per prendere un’altra strada.

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Quando Emily, il padre e il conducente della carrozza Michael arrivano nella città di Perpignan, sui Pirenei, Aubert riceve cattive notizie dal cognato M. Quesnel: a quanto pare l’amministratore delle sostanze di St. Aubert ha commesso qualche errore indebitandosi e riducendo anche il patrimonio di Aubert stesso. Oltre a questo, nel prosieguo del viaggio la condizione di salute del padre di Emily peggiora sensibilmente e la compagnia riceve assistenza fortuita da una famiglia di contadini residente vicino a un misterioso castello. Lì St. Aubert muore, non prima di aver fatto delle raccomandazioni ad Emily: in un punto segreto del castello di La Valllée, loro residenza, vi sono delle carte che devono essere bruciate senza essere esaminate; inoltre la giovane potrà disporre di 200 luigi d’oro nascosti lì. Infine sino alla maggiore età la ragazza sarà sotto la tutela della sorella di Aubert, M.me Cheron.

Tornata a La Vallée, la ragazza riceve la visita di Valancourt, che le confessa i suoi sentimenti. Arrivata la zia M.me Cheron, il giovane lascia rapidamente il castello. La zia si dimostra subito poco sensibile e redarguisce Emily per questo incontro non autorizzato dalla famiglia. Emily racconta l’accaduto, ma M.me Cheron mostra di non apprezzare il giovane, in quanto figlio cadetto, reputandolo uno spiantato. L’indomani Emily dovrà lasciare il suo castello per recarsi a Tolosa con la nuova tutrice.

La zia si dimostra subito poco empatica e sgradevole con la giovane, negandole anche ogni tipo di contatto con Valancourt e rifiutando la richiesta di matrimonio del ragazzo.

In seguito, saputo delle parentele di lui con una nobildonna del luogo, acconsente al matrimonio. Quando però la donna sposa un italiano di misteriosa origine, Montoni, cambia nuovamente idea dando seguito al desiderio del marito e proibisce il matrimonio della nipote, imponendole di seguirli in Italia. Ovviamente l’impossibilità di sposare Valancourt e la prospettiva di non vederlo mai più gettano Emily in un profondo stato di malinconia.

La vita a Venezia con Montoni e sua zia scorre tra nuove conoscenze e nostalgia del passato; la giovane ben presto si rende conto che Montoni ha sposato sua zia credendo di fare un matrimonio di convenienza, ma si ritrova deluso quando capisce la reale situazione economica della moglie. In effetti non aveva nutrito mai reali sentimenti di affetto o di stima per lei. Emily viene corteggiata da un amico di Montoni, il conte Morano, che ovviamente gli zii preferiscono come partito per il matrimonio di Emily medesima. Sia Montoni che Quesnay, incontrato in Italia, sono molto duri nell’affermare l’importanza economica di un matrimonio di Emily con il conte: a nulla valgono le proteste della giovane, obbligata a contrarre il matrimonio,

Tuttavia, proprio il giorno del matrimonio, gli zii, senza dare spiegazioni, obbligano la giovane a partire con loro verso Udolfo, il castello negli Appennini di proprietà di Montoni. Lì la giovane apprende che la signora Laurentini, una nobildonna che viveva nel castello ed era amata da Montoni, è scomparsa anni addietro, anche se qualcuno giura di averne visto lo spirito aggirarsi nel sinistro edificio…

Una sera Morano fa irruzione in camera di Emily e le racconta che Montoni fu scorretto nel non consentire il matrimonio nonostante la parola data, poiché intendeva dare la nipote in sposa per ottenerne un maggior vantaggio economico. Morano chiede ad Emily di fuggire con lui, dipingendo Montoni come un uomo senza scrupoli. Questo ultimo però scopre l’irruzione di Morano e lo sfida a duello.

Emily viene inoltre a sapere dalla zia che Montoni non possiede le ricchezze che lei credeva ed è pieno di debiti. Infine Montoni stesso racconta agli amici in visita della vicenda della signora Laurentini, sua lontana parente che aveva respinto il suo corteggiamento. La donna era poi caduta in depressione e morta suicida, a detta di Montoni; dopo la morte della donna il castello andò in eredità proprio a Montoni. Nel racconto di questa vicenda si odono delle strane voci nella stanza, fatto che turba non poco il rigido proprietario del castello . 

I rapporti tra i due coniugi sono molto tesi a causa di problematiche di carattere economico che madame Montoni viene a scoprire in relazione al marito; questi vorrebbe che  la moglie gli cedesse la sua proprietà in Francia ma la donna rifiuta recisamente. In seguito ad un tentativo di avvelenamento ai suoi danni, Montoni pensa che la moglie sia coinvolta e la fa chiudere in un’ala del castello, Dopo varie vicissitudini Emily riesce a rivedere la zia che trova però malata e quasi in fin di vita, ne chiede perciò a Montoni il trasferimento. Infine la zia morrà, ma Emily non accetta di cederne le proprietà a Montoni, il quale al contrario asserisce che gli spettano in quanto marito. Emily pensa che le proprietà della zia potranno essere per lei in futuro un elemento di supporto economico e che potranno favorire il rapporto con Valancourt.

Emily al castello è continuamente spaventata da presenze che le sembrano non umane; in particolare le pare di udire spesso una musica dolce. Ad un tratto si illude che questa presenza possa essere Valancourt, e domanda alla sua cameriera Annette se vi siano prigionieri nell’edificio, ma non ottiene una risposta certa.

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Al castello sono presenti, protetti da Montoni, gruppi di condottieri, professionisti tanto della guerra quanto del saccheggio. Quando Emily teme il peggio dal suo ziastro a causa del rifiuto a firmare dei documenti per il possesso delle proprietà della zia in Francia, ecco che accade un fatto nuovo: il castello sta per essere assediato, dunque Emily, su richiesta di Montoni, viene trasferita in un luogo non precisato in Toscana. Lei stessa si chiede quale orribile sorte la attenda, ma non capisce perché le sia stato risparmiato il rischio di un assedio nemico se l’obbiettivo di Montoni è vendicarsi di lei.

Quando il pericolo cessa Emily torna al castello e pur di poter ripartire cede le sue proprietà a Montoni, il quale però non mantiene la promessa di libertà fattale in precedenza.

Incontrato un prigioniero francese di lei invaghito, Du Pont, inizialmente scambiato per Valancourt in seguito ad un equivoco, fugge dal castello insieme a lui, alla cameriera Annette e a un altro servitore, Ludovico. Peregrinando attraverso l’Italia, si imbarcano a Livorno e raggiungono la Francia, dove vengono aiutati in seguito a un naufragio, dal conte de Villefort, il nobiluomo che aveva ereditato i beni del marchese de Villeroi, situati nei pressi del monastero di St. Claire. Ospite del conte, Emily incontra finalmente Valancourt, ma venuta a sapere della sua condotta dissipata decide di interrompere i suoi rapporti con lui.

Nel frattempo scopre che la marchesa, ovvero la precedente proprietaria del castello, non amava realmente il marchese di Villeroi, ma un uomo che avrebbe sposato in segreto prima di lui…

Al castello Emily e l’anziana servitrice visitano gli appartamenti dove era vissuta e morta la marchesa e sembra loro di vedere il drappo che la aveva avvolta muoversi. Si diffondono al castello voci della presenza di fantasmi, per cui Ludovico si offre di risiedere nella zona “infestata” per una notte, al fine di smentire le credenze di molti abitanti della nobile dimora. Il mattino seguente non ci sarà più traccia di lui, motivo per cui il conte decide di ripetere l’esperimento con suo figlio Henri: i due ne rimangono scioccati, ma non ne viene esplicitato il motivo.

Emily viene a conoscenza della storia di suor Agnes, fatta entrare in convento dal padre in seguito alla scoperta da parte del marito della sua relazione extraconiugale con l’uomo da lei amato. Si osserva una strana somiglianza con la storia della marchesa nonché un’insolita somiglianza di suor Agnes con Emily.

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Infine la giovane prenderà possesso delle proprietà di sua zia nonché di La Valleé, anche se una certa tristezza per il mancato matrimonio con Valancourt getta un po’ d’ombra sul tanto sospirato ritorno a casa.

Il conte, la figlia ed altri durante un viaggio vengono a contatto con dei banditi, e sono salvati da Ludovico, del quale si scopre adesso la sorte.. Egli infatti era stato rapito da quei banditi che mediante un passaggio segreto avevano accesso al castello, nei cui sotterranei nascondevano la refurtiva. Anche il conte aveva visto una persona nella notte di sorveglianza al castello, ma aveva promesso di non raccontare nulla dell’accaduto.

Verso la fine del romanzo vengono chiariti tutti gli enigmi disseminati in esso: si scopre che suor Agnes era in realtà la proprietaria del castello di Udolpho, la signora Laurentini, che aveva rifiutato Montoni in quanto innamorata del marchese di Villarois. Quest’ultimo aveva a sua volta sposato la marchesa, che si scopre essere la sorella del padre di Emily. Il marchese, convinto che la moglie avesse un amante, su istigazione e con la complicità della sua amata italiana, la avvelena, pentendosi subito dopo. Anche la signora Laurentini si pente, entrando poi in convento come suor Agnes. La donna come si era capito  aveva momenti di follia e per alleviare il dolore andava di notte a suonare nei dintorni del convento, spiegando così le strane melodie udite anche al castello del conte. Inoltre il cadavere che Emily credeva di aver visto a Udolpho altro non era che una statua di cera.

Si viene inoltre a saper da un nobile che aveva condiviso la prigionia a Parigi con Valancourt che quest’ultimo, pur caduto nella rete della dissolutezza, non aveva però mai accettato denaro da nobildonne né aveva partecipato agli inganni dei giocatori d’azzardo, inoltre aveva fatto di tutto per aiutare il suo compagno di prigione e la sua famiglia .

Pertanto Emily perdonerà Valancourt decidendo di sposarlo e di vivere con lui principalmente a La Valleė, vendendo le proprietà di madame Cheron a Tolosa.

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LETTERATURA MODERNA E CONTEMPORANEA

Perché leggere “Una donna” di Sibilla Aleramo

Citazione:

“E come può diventare una donna, se i parenti la danno, ignara, debole e incompleta, a un uomo che non la riceve come una sua uguale; ne usa come d’un oggetto di proprietà; le dà dei figli coi quali l’abbandona sola, mentr’egli compie i suoi doveri sociali, affinché continui a baloccarsi come nell’infanzia? Dacché avevo letto uno studio sul movimento femminile in Inghilterra e Scandinavia, queste riflessioni si sviluppavano nel mio cervello con insistenza”.

Struttura e contenuto dell’opera

  • L’opera è divisa in 3 parti, che rappresentano la vita dell’autrice;
  • la figura del padre, di ispirazione per la giovane, sarà poi deludente in quanto sostanzialmente abbandona la famiglia per un’altra donna
  • La scrittura, nutrita grazie alle letture, rappresenta per la protagonista un elemento di riscatto 
  • Il titolo rimanda a una vicenda che vuole essere esemplare, non specifica di una persona. Sono assenti i nomi propri per lo stesso motivo
  •  i dialoghi sono poco presenti, non appaiono molte descrizioni approfondite
  • Il narratore-protagonista è interno e racconta in flash-back la vicenda di una crisi di identità
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Buoni motivi per leggere “Una vita”

  • Si tratta del primo testo femminista della nostra letteratura
  • Finalmente la donna non è più vista come proprietà dell’uomo: l’auspicio è quello di affermare le proprie capacità personali e i propri desideri, in sintesi la propria identità
  • Una donna non è un’opera narrativa tradizionale, rappresenta una sorta di romanzo di formazione in cui la protagonista si libera delle prigioni familiari e si ribella al proprio ruolo tradizionale di madre e moglie
  • La scrittura è semplice, basata su un’alternanza di narrazione e riflessione; in particolare vi sono riflessioni su temi cari alla protagonista e analisi di carattere psicologico
  • la struttura non è realistica, ha similitudini con i romanzi di Pirandello e Svevo
  • lo stile è ricco di metafore, similitudini, anafore, interrogative retoriche ed esclamazioni. Sembra una prosa quasi poetica.

Considerazioni di contesto

Nel 1946 ha inizio un nuovo periodo importante per le donne italiane, grazie al riconoscimento dei diritti politici, ma l’Italia è comunque di nuovo in ritardo rispetto ad alcuni altri paesi come ad esempio l’Inghilterra dove “la donna gode della piena capacità giuridica in materia di contratti e di beni” già a partire dal 1870. È soprattutto negli anni Sessanta però, con il baby boom, che i grandi movimenti di emancipazione femminile nascono e si estendono in Italia. Nonostante il ritardo storico complessivo dell’Italia rispetto all’Inghilterra, la Aleramo è comunque in anticipo poiché il romanzo Una donna risale ai primi del 1900. La maggior parte dei testi femministi inglesi, come A room of one’s own e Three Guineas di Virginia Woolf risalgono agli anni Venti e Trenta. Negli anni Settanta la concezione del matrimonio cambia, modificando l’idea del marito come capofamiglia e cancellando la concezione di una relazione impari tra i coniugi. La relazione paritaria guadagna terreno e l’uguaglianza della donna si afferma, cosicché il ruolo della donna non è più soltanto ristretto alla maternità e al governo di casa, ma si estende anche a ruoli nuovi.

Bibliografia

S. Aleramo, Una donna, Milano, Feltrinelli, 2013

M. Colonna, L. Costa, Le voci delle donne, La scrittura femminile nel Novecento, Milano, Paravia, 2021

Lara Dierickx, Una Donna di Sibilla Aleramo. La presenza di prototipi femminili nella prima letteratura femminista italiana, tesi di laurea, facoltà di Gent, a.a 2014/2015

LETTERATURA ITALIANA, LETTERATURA MODERNA E CONTEMPORANEA

“Paesi tuoi” di Cesare Pavese

Paesi tuoi è scritto nel 1939 ed esce presso la casa editrice Einaudi nel 1941.

La critica saluta il romanzo come un esempio di rinnovato verismo, ma questo è un equivoco, durato a lungo. Il linguaggio di Paesi tuoi è quello popolareggiante intriso di dialetto, così come in Verga si intravedeva in filigrana il dialetto dei personaggi, ma ci sono differenze profonde con Verga. In quest’ultimo si verificava una svolta della narrativa ottocentesca, il narratore parlava come uno dei personaggi; il narratore di Verga è interno al mondo rurale rappresentato, quello di Pavese è esterno e vede il mondo contadino dal di fuori e ciò crea il senso della narrazione, nella quale il viaggio è scoperta di un mondo diverso e ignoto. A narrare è Berto, un meccanico torinese che conosce un contadinotto, Talino, che lo invita a seguirlo nella cascina del padre nelle langhe. Berto prima rifiuta ma poi si trova in difficoltà, senza casa e senza lavoro. La focalizzazione è interna sul personaggio. Anche nella narrazione in prima persona bisogna dire che le funzioni sono diverse: un conto è chi vive i fatti, un conto è il narratore che li rivive. Il fatto che sia focalizzato sul primo tipo di narratore dà senso di immediatezza.

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Il testo pavesiano allude al grembo materno della madre terra. La mammella non è solo simbolo materno pre-edipico ma anche simbolo erotico. La ricerca è pervasa da impulso erotico, le sorelle di Talino non sono molto attraenti però una di loro, come dice Berto, è meno “manza” delle altre. Berto scopre segni di violenza sul corpo di Gisella e cerca di capire cosa sia successo. Talino è figura apparentemente ridicola, sembra quasi demonica, incarnazione atroce del male, regno di violenza e sangue. I luoghi sembrano rimasti fermi a una stagione arcaica. Il critico Barberi Squarotti ha detto che il viaggio di Berto non è un viaggio nello spazio, quanto un viaggio nel tempo. La campagna conserva costumi, mentalità, riti ancestrali, anteriori alla civiltà come la si intende comunemente. E’ il regno del selvaggio. Pavese è ossessionato dall’idea del selvaggio, cui dedica molte annotazioni soprattutto nel Mestiere di vivere. L’interesse per ciò va di pari passo con le scienze antropologiche (cfr. Il ramo d’oro di Frazer). In questo senso Pavese studia riti, sangue, sesso, fuoco per rendere feconda la terra, falò accesi per fecondare i campi. Si pensava inizialmente che Pavese volesse rappresentare la realtà cruda della campagna – esiste in un romanzo naturalista, La terra di Zola, una vicenda simile. Anche Paesi tuoi a volte è stato assimilato ai primordi della corrente neorealista. Ma invece è un romanzo simbolico: ad esempio l’uccisione di Gisella sui covoni di grano è un sacrificio umano, di cui Pavese legge infiniti esempi nel libro di Fraser.

La matrice è decadente e dannunziana: la collina-mammella viene da D’Annunzio, Il trionfo della morte 1895. D’Annunzio è fondamentale nella formazione del giovane Pavese, l’interesse per il selvaggio accomuna i due autori. Alcune annotazioni del Mestiere di vivere sono illuminanti in relazione all’idea del selvaggio. Tutto ciò che lo ha interessato gira intorno al selvaggio e in questo senso Pavese cita proprio d’Annunzio.

Feria d’agosto è un libro contenente racconti, prose liriche, piccoli poemi in prosa in cui Pavese enuncia la teoria del mito centrale nella sua visione. Poi si evidenzia un gruppo di saggi sotto il titolo complessivo Del mito, del simbolo e dell’altro. Qui si comincia con la descrizione di un’estasi panica e lo scrittore confessa che di fronte alla campagna è preso come dire da una sorta di immedesimazione per cui si identifica con le varie presenze della campagna, si trasforma nel vento, nelle foglie, nel succo dei frutti cioè esattamente come in una di quelle estasi paniche di Alcyone. Però Pavese è anche consapevole dei rischi che comporta questo cedimento all’irrazionale decadente ed anzi ne era diventato consapevole proprio per l’esperienza del fascismo e della guerra: sapeva bene che l’irrazionalismo decadente era fra le matrici culturali del nazifascismo. Immergersi nell’irrazionale e restarne prigioniero non va bene, Pavese vuole portare l’irrazionale a chiarezza, ammirando il progresso. In Paesi tuoi il protagonista Berto rappresenta infatti proprio la ragione, il logos, la modernità, in quel mondo arcaico e superstizioso.

FILM

Little women – Piccole donne di Greta Gerwig

RECENSIONE DEL FILM


Little Woman, della regista americana Greta Gerwig, è un film uscito nel 2019 che vale la pena guardare, meglio se in lingua originale, soprattutto perché offre molteplici spunti di riflessione.


L’opera è stata girata in America nel Massachusets e gli attori sono di varia provenienza: la protagonista ad esempio, Saoirse Ronan, è un’irlandese in possesso della cittadinanza americana, mentre Thimotée Chamelet è un attore statunitense con la cittadinanza francese.
I due artisti citati sopra interpretano Jo e Laurie, in un certo senso i veri protagonisti della storia, che appare piuttosto fedele al romanzo da cui è tratta, Little Women di Louisa May Alcott. La sceneggiatura e la regia danno un valore aggiunto al libro: mentre ne rispettano le intenzioni, i caratteri dei personaggi e la morale, inseriscono espedienti narrativi vivaci e credibili che velocizzano la storia e la rendono ancor più piacevole. In particolare la vicenda è raccontata attraverso due piani temporali diversi, presente e passato, che si alternano e si intrecciano tenendo alta la concentrazione dello spettatore, intento a cercare di capire in quale momento della storia si trovi.

Le sorelle March


Guardando il film si ha la sensazione di essere proiettati davvero nell’America ottocentesca, le atmosfere e l’ambientazione sono autentiche, così come i dialoghi e la recitazione di tutti gli attori. Unica nota negativa, forse Emma Watson nei panni di Meg appare meno credibile, perché ha un aspetto molto adolescenziale che non la rende perfettamente in parte nell’impersonare la sorella maggiore. Tuttavia tutti gli attori mi sono apparsi validi, a parte forse l’attrice che interpreta la madre, Laura Dern, in quanto alcune sue espressioni del volto mi sembrano un po’ ripetitive e stereotipate per cui la sua presenza non aggiunge un guizzo di qualità ulteriore; va anche detto che il personaggio in sé non ha moltissimo spazio nel film.
La vera eccellenza attoriale risiede nello scambio tra Jo e Laurie, la cui chimica è davvero notevole; forse si sarebbe potuto giocare di più con la loro relazione e incrementare il numero di scene in cui dialogano.

SPUNTI DIDATTICI POSSIBILI

Lingua inglese: lettura del romanzo e visione del film in lingua originale. Possibile confronto di vari adattamenti cinematografici.

Letteratura italiana ed educazione civica: visione del film e approfondimento sulla condizione della donna in America nell’Ottocento, da confrontare con la situazione femminile italiana. Riflessione sulla sceneggiatura e sugli espedienti narrativi usati nel film, ad esempio i vari flashback. Confronto di una scena del libro e la sua trasposizione filmica.

Pedagogia: approfondimento sui metodi educativi usati nella famiglia March.

LETTERATURA STRANIERA

“L’educazione sentimentale” di Gustave Flaubert

Un romanzo adatto a chi ama i classici e le atmosfere ottocentesche, nonché le storie d’amore romantiche ed epiche. La vicenda è incentrata sulle vicende sentimentali di Federico Moreau, un ragazzo trasferitosi a Parigi da una cittadina di provincia, ed è molto interessante perché si profila nell’evolversi della storia un triangolo amoroso. In questo prevale senza dubbio l’amore platonico per l’affascinante e casta madame Arnoux, già sposata ad un uomo di affari parigino.

La storia avrà lieto fine?

TRAMA DETTAGLIATA

Federico è un giovane orfano di padre che si trasferisce a Parigi per studiare giurisprudenza. Nel viaggio incontra un commerciante di arte, il signor Artaux, e si innamora perdutamente della moglie di lui, Marie. Tra alti e bassi Federico frequenta l’Università e sostiene gli esami, non mancando di entrare in contatto con la borghesia e la nobiltà francese. Lo sforzo di Federico è tutto teso, inoltre, a entrare in confidenza con la famiglia Artaux, per stare vicino a Marie, alla quale però non ha il coraggio di dichiararsi. Dopo la laurea Federico, di ritorno alla cittadina di origine, Nogent, scoprirà dalla madre che l’eredità dello zio non gli spetta. Dopo tre anni si scopre che invece Federico è stato nominato erede di una discreta fortuna e questo lo indurrà a trasferirsi nuovamente a Parigi. Sistematosi qui, intreccia nuovamente le relazioni di un tempo e torna a frequentare casa Artaux. I suoi amici lo introducono nel mondo delle donne di facili costumi: durante queste feste improntate al divertissment il protagonista conosce Rosanette, amante dello stesso Arnaux, e ne rimane colpito. La donna rappresenta la pulsione amorosa passionale, mentre Marie l’amore idealizzato ed etereo. Quest’ultima fa intendere al giovane di essere assolutamente contraria alle relazioni extraconiugali, scoraggiandolo così dal dichiararsi; l’infedeltà del marito non è dunque per la donna una spinta sufficiente per cedere ad alcuna avance.
Nel frattempo, sempre in nome dell’innamoramento per Marie, Federico aiuta il marito di lei, oberato dai debiti, e rischia di affrontare un duello per averlo difeso. Per aiutarlo gli presta la somma di 15.000 franchi, destinata in verità al progetto dell’amico giurista Deslaurier di aprire un giornale. Questi, per vendicarsi, si reca da madame Artoux ad esigere la somma per conto di Federico, dicendo alla donna che la ama, credendo di sostituirsi a Federico come amante di Marie, che ovviamente lo rifiuta. Le dice inoltre che Federico sta per sposarsi con la ricca Luisa Roque, una giovane di Nogent che Federico aveva educato da piccola. Federico ha combinato questo matrimonio per questione di interesse, tuttavia Luisa lo ama sinceramente.

Dopo qualche tempo il protagonista torna a Parigi da Nogent. In città scoprirà una madame Artaux gelosa non solo dell’imminente matrimonio ma anche del rapporto eventuale tra Rosanette e Federico. Questo promette a Marie che non si sposerà, perché ama solo lei, di un amore puro e disinteressato. Inizia tra I due un legame più stretto ed intimo, gli incontri si fanno frequenti ed emozionanti, benché non vi sia mai un contatto sensuale. Un giorno in cui i due avrebbero dovuto incontrarsi per una passeggiata purtroppo madame è trattenuta dalla malattia del figlio e non si presenta. Federico ne è amareggiato e deluso, al punto che si consola con Rosanette, che porta nel nido d’amore preparato per Marie. Con Rosanette consuma quella passione fisica sempre frustrata dall’altra donna. Nel frattempo vari e grandi rivolte si attuano a Parigi, ma Federico rimane piuttosto indifferente.
Inizia dunque la terza parte del romanzo.
Federico diventa amante di Rosanette, a cui chiede di smettere di vedere Arnaux, suo precedente amante. Prende parte più attiva ai moti del 1848, candidandosi come deputato. Inoltre porta Rosanette in villeggiatura a Fontainebleau da cui però torna a causa del ferimento di Dussardier.
A Parigi incontra Roque con la figlia durante un pranzo a casa Dambrouse; lì per combinazione incontra anche madame Arnoux a cui dice di averla sempre pensata, ma la donna lo accoglie freddamente, dubitando di lui. Durante il pranzo si viene anche a sapere che Federico ha pagato il ritratto per Rosanette e questo lo mette in ulteriore cattiva luce rispetto alle donne innamorate di lui. A Luisa Federico spiega di voler rimandare il matrimonio, adducendo scuse. La giovane provinciale gli sembra tutto sommato ridicola e poco attraente. Luisa prova ad andarlo a trovare di sera a casa sua, ma apprende sgomenta che lui non dorme a casa da tre mesi.

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Federico decide di incontrare madame Arnoux: i due si chiariscono sul mancato appuntamento e lui confessa di esser diventato amante di Rosanette per la disperazione di non poter avere lei. Mentre Marie e Federico si lasciano andare ad un bacio la porta si apre ed entra Rosanette, che era venuta a riscuotere un credito dal sig Arnaux. Federico capisce che ormai la situazione con Marie è perduta, anche perché, scopre, Rosanette è incinta. Lui riesce a vedere tutti i difetti della donna e tutte le sere esce per andare a trovare madame Dambrouse, che gli sembra più piacevole e interessante. Ben presto ne diventa l’amante, trascurando Rosanette che dal canto suo non smette con i suoi incontri finalizzati ad ottenere denaro. Federico ha una relazione con entrambe le donne, avendo però sempre in mente madame Arnoux, costretta alla fuga col marito a causa dei guai giudiziari ed economici di lui.

Nemmeno la morte del figlioletto avuto da Rosanette commuove davvero Federico, che infine lascia entrambe le amanti, essendo incapace di amarle davvero e avendo sempre la convinzione di aver sempre voluto solo Marie. Molti anni dopo lei gli farà visita e il loro incontro sarà commovente, ma non si esaurirà mai in un atto fisico.

COMMENTO

Il romanzo ha la caratteristica cifra di Flaubert, ovvero la presenza di descrizioni dettagliatissime che danno un’idea di veridicità dell’ambiente in cui si svolge la vicenda. Molto precise sono anche le raffigurazioni degli scambi dialogici e delle azioni compiute da tutti i personaggi, anche se secondari. Questa dovizia di dettagli è forse un po’ distraente rispetto alla vicenda del protagonista, attorniato da miriadi di altre figure che parlano di lui e con lui.

Il titolo è coerente con il contenuto: Federico infatti cresce e impara qualcosa dalle sue esperienze amorose, anche se non sembra trarre un vero frutto da questi insegnamenti.

La vita di Federico scorre infatti tra ricerche e relazioni, ma sembra alla fine sempre deludente: il personaggio non trova mai una soddisfazione concreta e reale, come se la felicità fosse in fondo solo una chimera irraggiungibile.

Probabilmente il romanzo ci insegna che l’amore platonico non può avere una fine lieta, è troppo idealizzato e può vivere, dunque, solo nel mondo delle idee: la realtà è al contrario più prosaica, ed è necessario fare i conti anche con l’aspetto sensuale delle relazioni.

LETTERATURA ITALIANA, LETTERATURA MODERNA E CONTEMPORANEA

“Una questione privata” di Beppe Fenoglio: l’amore ai tempi della Resistenza

Il romanzo è opera dello scrittore piemontese Beppe Fenoglio, che inizia a scriverlo nel 1960. La vicenda è ambientata nelle Langhe piemontesi all’epoca della Resistenza, tra il 1944 e il 1945.

Trama

Il protagonista del romanzo è Milton, un giovane universitario ed ex ufficiale. È sensibile e non bello, lo caratterizzano però degli occhi notevoli, “tristi e ironici, duri e ansiosi”. Il narratore ci proietta subito in una dimensione passata, descrivendo i momenti che Milton ha trascorso tempo prima con la ragazza del suo cuore, Fulvia. La situazione presente è molto diversa: Fulvia si è trasferita da Alba a Torino, mentre Milton è partigiano nella squadra del Leo, presso Treiso. Un giorno Milton fa visita alla casa di Fulvia, dove trova la governante, la quale, parlando, rivela qualcosa che colpisce molto il ragazzo, e lo ferisce nel profondo… Infatti pare che Fulvia si intrattenesse in varie serate con il loro comune amico, Giorgio, sia all’interno della casa che all’esterno.

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Milton rimane sconvolto e decide perciò di spostarsi da Treiso per recarsi a trovare Giorgio, anche lui partigiano, presso la squadra di Pascal a Mango. Qui Milton attende l’amico, che si sarebbe dovuto trovare insieme agli altri del suo gruppo e invece pareva essersi attardato da qualche parte mentre tornava da una spedizione. Nell’attesa, Milton ripensa ad alcuni momenti vissuti con Fulvia e con il suo amico.

L’attesa però si fa sempre più lunga e il protagonista sente che qualcosa non va: c’era una nebbia del colore del latte quel giorno, e Giorgio poteva anche essersi perso o essere stato catturato dai fascisti. Con il tempo quest’ultima ipotesi si rivela vera e un contadino che aveva assistito alla scena racconta della cattura. Milton si attiva subito per aiutare l’amico e si reca al gruppo partigiano della Stella rossa per chiedere se avessero fascisti prigionieri, in modo da concretizzare un possibile scambio. Purtroppo la risposta è negativa: l’ultimo catturato era stato già giustiziato.

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Milton decide allora di recarsi al Comitato di Liberazione. Nel tragitto si ferma a mangiare a casa di una anziana signora, con la quale parla della situazione della guerra e che gli racconta qualcosa di sé.

Mentre cammina nottetempo cade nel fango e vede soldati della brigata fascista di San Marco di Canelli. Questi sono a loro volta osservati da uomini della collina, che li scrutano con odio e con la consapevolezza che la fine della guerra non sarà vicinissima. Milton ipotizza che questa fine accadrà a maggio.

In una vigna non lontanissima dalla caserma dei fascisti il protagonista incontra una vecchia, la quale gli porta, su sua richiesta, un sandwich di pane e lardo. A sorpresa, si rivela una preziosa alleata: gli indica infatti che un fascista, un sergente, è solito recarsi una o due volte al giorno, o verso le una, dopo il rancio, o verso le diciotto, presso la casa di una donna del luogo. La casa è quasi dirimpetto alla fine di un bosco di acacie, dove Milton si nasconde in attesa.

Assalito il sergente e minacciatolo con la colt, inizia a camminare spiegandogli il suo piano. Milton non intende ucciderlo, ma vuole scambiarlo ad Alba con il suo amico Giorgio. Il sergente è comunque spaventato, a tal punto che non crede al rapitore e prova a scappare; per questo Milton è costretto ad ucciderlo.

Il narratore introduce un’ellissi e ci conduce a Trezzo dove il protagonista incontra un partigiano di sua conoscenza, Fabio, vicecomandante di un presidio. A lui regala la beretta del fascista e da lui ottiene ospitalità per la notte, e mentre altri partigiani parlano della storia di una maestra fascista, Milton non riesce a dormire e pensa continuamente, non al sergente ucciso però. Ripensa a quanto la custode gli aveva riferito di Giorgio e Fulvia e decide che l’indomani avrebbe voluto vederci più chiaro.

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L’indomani a Canelli per vendicare il sergente ucciso si uccide il giovane Riccio, un quattordicenne che aveva aiutato i partigiani. Nel frattempo Milton è quasi arrivato ad Alba, alla villa di Fulvia. Pensa intensamente al suo amore per lei quando viene sorpreso da uno squadrone di fascisti. Inizia a correre mentre sente intorno a sé il rumore degli spari che fendono l’aria.

Il finale è lasciato in sospeso…

Commento

Il romanzo sembra incompiuto, racconta di una ricerca di risposte mai soddisfatta, forse potrebbe dirsi metafora dell’esistenza intera. Il protagonista è tratteggiato fisicamente e anche caratterialmente, e la sua figura in un certo senso si delinea nello svolgersi dei fatti. Tale svolgimento è rapido e affollato di parole, di azioni e di luoghi.

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Potremmo individuare un doppio binario nel testo: da un lato l’aspetto emotivo e interiore di Milton, dall’altro il suo concreto agire nei luoghi della Resistenza, il suo interloquire con un mosaico di personaggi più o meno rilevanti. Il secondo è chiaramente dettato dal primo, in particolare dall’amore nutrito per Fulvia, che appare davvero il motore propulsore della storia. In effetti l’amore per la ragazza, che si rintraccia nei ricordi di Milton e sembra essersi realizzato in un lontano passato, spinge il protagonista a revocare tutto in dubbio, ad agire, a voler comprendere la verità dalla voce del suo amico, se tale ancora può dirsi. Sembra che tutti i sentimenti siano perciò oggetto di decostruzione, di dubbio e rimangano come sospesi in attesa di un giudizio.

Un altro personaggio del romanzo sono forse i luoghi: i boschi piemontesi, la nebbia, il fango, le vigne. Il narratore li dipinge con dovizia di particolari, particolari assolutamente relati al punto di vista dei personaggi, al loro contatto con l’esterno; emerge con una certa chiarezza l’atmosfera di precarietà, di freddo, di paura di violenza. I dialoghi tra i personaggi rivelano una certa familiarità tra individui e ambienti, e al contempo il senso di rassegnazione per una guerra che costringe a imporre la morte per salvare la propria vita.

Tuttavia pure nel dolore di un evento come la Resistenza, nascosto e al contempo assolutamente pubblico e collettivo, campeggia grandemente “una questione privata”, un amore forse unilaterale, ma capace di porre tutto, anche la vita stessa, su un piano secondario.

LETTERATURA ITALIANA, LETTERATURA MODERNA E CONTEMPORANEA

Domande e risposte su “La luna e i falò” di C. Pavese

  • Quando è stato scritto il romanzo? 1948/9, pubblicato nel 1950.
  • Che genere di romanzo è? Si tratta di un romanzo realista, denso di spunti autobiografici. Potrebbe essere definito anche romanzo di formazione.
La luna e i falò, Einaudi, 1997
  • Che cosa racconta? E’ la storia di un ritorno, di una maturazione, riguarda la presa di coscienza dell’importanza delle radici e della difficoltà nel trovarle (si veda in particolare il primo capitolo). Allo stesso tempo è il racconto di un viaggio, metaforico e reale, nel mondo dell’infanzia, ormai quasi mitologico. Ma il viaggio è anche alla scoperta di nuovi mondi, ed è dovuto all’esigenza di crescita e di cambiamento. Tornare dopo essere cambiati risulta complesso, non sembra di ritrovare più se stessi. La maturazione come elemento fondamentale di questo romanzo sembra confermata anche dall’epigrafe iniziale: “For C. Ripeness in all” (Per C: maturità in tutto). Constance Dowling è l’attrice americana di cui Pavese era innamorato.
Andrea Checchi e Costance Dowling nel film La strada finisce sul fiume
Di sconosciuto – archivio personale, Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=4440344
  • Come si chiama il protagonista? E’ soprannominato Anguilla, ed è un orfano. Vive poveramente e lavora in campagna, finché decide di partire.
  • Quanti anni ha? 40 anni, al momento del racconto.
  • Chi racconta le vicende? Il protagonista stesso, in prima persona. Il narratore è dunque interno.
  • Qual è la trama?  Anguilla, orfano, è adottato  da una famiglia modesta proveniente da un piccolo borgo contadino (probabilmente Santo Stefano Belbo, luogo natale dell’autore) e abita sulla collina Gaminella; dopo la morte di Virgilia, madre adottiva, quando ha solo 13 anni, si trasferisce presso “La mora”, tenuta del Sor Matteo, un proprietario terriero. Inizia a lavorare e vive le sue vicende adolescenziali presso la tenuta, dove è circondato dalle figure femminili delle figlie di sor Matteo, Irene, Silvia e Santa, delle cui vite e storie amorose è attento osservatore. Parte poi per la leva militare e va a Genova; lì vive esperienze antifasciste e conosce Teresa. Si imbarca in seguito per l’America, dove fa fortuna; vive probabilmente in California. Qui è presente un’altra figura femminile, Rosanne, con la quale la storia d’amore si conclude a causa della partenza di lei. Gli americani, dice il protagonista, sembrano non avere radici, sono come “bastardi” (cap. XXI).
  • Il protagonista, partito senza nemmeno un nome, dopo tanti anni ritorna nel periodo del Ferragosto (si racconta brevemente anche di un precedente ritorno); incontra Nuto, amico saggio, sempre rimasto al paese, e guida razionale di Anguilla. Lui rappresenta il legame con un passato che sembra ormai scomparso, come scomparsi sono gli altri personaggi della sua vita passata e gli alberi di nocciole intorno alla casa del padre adottivo.
  • La vecchia casa di Gaminella è stata acquistata da un povero contadino mezzadro, Valino, nel cui figlio zoppo, Cinto, Anguilla rivede se stesso da ragazzo. Valino, a causa della povertà e dei problemi economici, arriverà ad uccidere la nonna e la cognata che vivono con lui, mentre Cinto riuscirà a fuggire e avviserà Nuto e Anguilla. Il romanzo termina con il racconto della morte di Santa, uccisa dai partigiani a causa del suo doppiogiochismo.
  • Fabula e intreccio coincidono? No, i piani temporali sono sfalzati; la narrazione segue l’andamento dei ricordi, e si sposta continuamente dal presente al passato, dunque sono presenti molte analessi.
  • Qual è l’ambientazione? Il mondo rurale delle Langhe, nel Piemonte meridionale. Lo scenario è descritto con notazioni uditive, olfattive, tattili e visive. Sono frequenti i termini tecnici relativi all’agricoltura e alla vegetazione tipica della campagna piemontese (tra cui i nocciòli, che il protagonista aveva vicino alla propria abitazione e che appunto non ci sono più).
Risultati immagini per noccioli
  • Perché il titolo? La luna influenza i raccolti e i falò servono per rendere fertile la terra; si tratta di simboli del mondo rurale, e allo stesso tempo sembrano anche simboli mitologici. I falò si accendevano anche durante le feste in campagna. Inoltre l’incendio della casa della Gaminella e il falò acceso per dar fuoco al cadavere di Santa sembrano alludere nuovamente al simbolo esplicitato dal titolo.
  • Quali sono i personaggi più importanti, come sono descritti e quali caratteristiche hanno? Nuto è l’amico saggio, suonatore di clarino, falegname. Durante l’adolescenza è stato compagno nella vita del protagonista, l’ha aiutato e accompagnato nella crescita. Da adulti è di nuovo una figura di riferimento, che rappresenta scelte opposte rispetto a quelle di Anguilla: non se ne è mai andato dal paese, e pensa che ci si possa restare solo non andandosene mai. Forse è Nuto il simbolo di quelle radici che Anguilla sembra non trovare. Nuto è inoltre aiutante dei partigiani, dunque vive in modo abbastanza attivo, benché prudente, un periodo storico turbolento, ovvero gli anni della Resistenza e della Repubblica di Salò.
  • Le figure però descritte con più dovizia di particolari sono quelle femminili, in particolare Irene, Silvia e Santa. Irene, bionda ed eterea, affascina il protagonista, che però sa di non poter arrivare a lei e dunque sente una maggiore attrazione per Silvia, mora e più passionale. Le ragazze sono però figlie del suo padrone, quindi ha con loro solo un rapporto di subalternità. Tuttavia la seconda parte del libro è tutta concentrata sul racconto delle loro vicende, con il rammarico quasi di non avervi preso parte.
  • Tutti i personaggi del passato di Anguilla, più o meno rilevanti, tranne Nuto, vengono citati in assenza: molti infatti sono defunti, o comunque non sono più presenti in paese. Anche questo contribuisce al senso di sradicamento del narratore, deciso alla fine a ripartire.
LETTERATURA STRANIERA

“I dolori del giovane Werther” di Goethe

I dolori del giovane Werther è un romanzo epistolare dello scrittore tedesco Johann Wolfgang Goethe, in cui il protagonista racconta la propria storia attraverso le lettere che invia all’amico Guglielmo. Le vicende prendono forma perciò grazie al ritmo serrato delle missive, datate 1771; ad un tratto la narrazione in prima persona è interrotta per lasciare spazio alle parole dell’editore, che chiariscono gli eventi conclusivi dell’intreccio.

Come emerge dal titolo, i protagonisti dell’opera sono Werther, la sua giovinezza e i suoi dolori. Tutto ruota intorno al giovane, che dà puntuale rappresentazione di se stesso e del mondo circostante; gli altri personaggi esistono in relazione a lui, e nel modo in cui egli crede che esistano. Fin dal primo incontro con la protagonista femminile, Carlotta, Werther rimane affascinato: le attribuisce ben presto qualità lodevoli, ovvero semplicità, intelligenza, bontà, carattere e solerzia. La idealizza e la ama in modo totalizzante, tuttavia l’amore non può essere dichiarato, né tantomeno ricambiato alla luce del sole: Carlotta è infatti promessa sposa ad Alberto, di cui Werther diverrà amico. Il sogno di possedere l’oggetto del proprio desiderio si scontra quindi con la realtà: l’incapacità di adattarsi agli eventi esterni, a causa della forza assoluta del proprio sentire, condurrà il protagonista ad un’estrema decisione.

Definirei quella di Werther la vicenda romantica di sentimenti mai ricondotti al lume della ragione. In più punti del testo epistolare il giovane dissemina la sua filosofia di vita, anarchica ed emotiva; essa emerge ad esempio nel discorso relativo all’arte: un artista che segue le regole, pur producendo qualcosa di non brutto, tuttavia distrugge il sentimento della natura.

Si ridimensiona così non solo il valore di leggi e regole, che sono certo frutto della ragione, ma persino quello della conoscenza: ciò che Werther sa, chiunque lo può imparare, ma solo lui possiede il suo cuore.

El Beso (Pinacoteca de Brera, Milán, 1859).jpg

Francesco Hayez, Il bacio, 1859, Milano, Pinacoteca di Brera.