LETTERATURA STRANIERA

Citazioni da “Il ritratto di Dorian Gray”

Da un capolavoro della letteratura inglese, ecco un elenco di frasi memorabili, un vero e proprio condensato di saggezza. Per mettere in discussione e decostruire alcuni luoghi comuni.

“Che importanza ha il reale corso del tempo? Solo la gente mediocre ha bisogno di anni per liberarsi di un’emozione. Un uomo che sia padrone di sé può far terminare una pena con la stessa facilità con cui inventa un piacere. Io non voglio essere in balìa delle mie emozioni. Voglio valermene, goderne e dominarle” p. 134

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“V’eran momenti in cui considerava il male solo come un mezzo con cui attuare la sua concezione della bellezza” p. 177

“Le donne ci amano per i nostri difetti. Se ne abbiamo abbastanza, esse son pronte a perdonarci tutto, perfino l’intelligenza” p. 215

“Il giorno dopo non uscì di casa e passò la maggior parte del tempo nella sua stanza, angosciato da un folle terrore della morte e tuttavia indifferente alla vita” p. 240

“L’unica cosa veramente terribile che vi sia, caro Dorian, è l’ennui. Il solo peccato per cui non esiste perdono” p. 244

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“Che passione hanno le donne di far cose pericolose! – esclamò ridendo Lord Enrico. – E’ una delle loro doti che ammiro di più. Una donna civetterebbe col primo venuto purché sapesse che gli altri la guardano” p. 245

“Cara Gladys, tutte le strade conducono allo stesso punto. – E cioè? – Alla disillusione” p. 247

“La morte e la volgarità, nel diciannovesimo secolo, sono gli unici due fenomeni che non si riescono a spiegare” p. 254

“Ogni delitto è volgare, esattamente come ogni volgarità è un delitto […] Il delitto appartiene esclusivamente alle classe inferiori, e non le biasimo affatto per questo. Direi che il delitto è per loro quello che per noi è l’arte: un mezzo per procurarsi sensazioni fuor dell’ordinario, e nulla più” p. 255

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“Direi tuttavia che l’assassinio è sempre un errore. Non bisognerebbe mai compiere nulla di cui non si possa parlare dopo desinare” p. 255

“Da quando non foste più amici intimi, egli non fu più un grande artista. Che cosa vi separò? Immagino che ti abbia annoiato. In tal caso non avrà mai potuto perdonartelo. E’ la consuetudine delle persone noiose” p. 256

“Le cose di cui ci sentiamo assolutamente certi non sono mai vere” p. 258

LETTERATURA ITALIANA

Come scegliere una moglie (e sapersela tenere): la satira V di Ludovico Ariosto

Le satire

Le satire sono componimenti poetici volti a colpire concezioni, atteggiamenti, modi di comportarsi che si discostano dalla  morale dell’autore o dal comune modo di pensare. In sostanza servono a deridere e a schernire individui o gruppi di persone.

Ludovico Ariosto scrisse sette satire, dal 1517 al 1524: si tratta di componimenti in terza rima diretti a parenti e amici in cui è possibile trovare un’analisi di alcune circostanze della vita del poeta; a partire da queste si affrontano poi temi più generali, e si parla della debolezza degli uomini, ma con il sorriso, con un tono sempre ironico e bonario. Vari sono i modelli letterari che danno spunto ad Ariosto per la scelta delle sue tematiche, da Orazio, a Dante, a Boccaccio, e notiamo che le reminescenze letterarie si fondono perfettamente alle note biografiche che l’autore ci offre.

La satira V

La quinta satira, in particolare, è indirizzata al cugino del poeta, Annibale Malaguzzi, prossimo al matrimonio:

Da tutti li altri amici, Annibale, odo,
fuor che da te, che sei per pigliar moglie:
mi duol che ’l celi a me, che ’l facci lodo.
Forse mel celi perché alle tue voglie
pensi che oppor mi debbia, come io danni, (5)
non l’avendo tolta io, s’altri la toglie.
Se pensi di me questo, tu te inganni:
ben che senza io ne sia, non però accuso
se Piero l’ha, Martin, Polo e Giovanni.

PARAFRASI

Annibale, ho saputo da tutti i tuoi amici,
tranne che da te, che stai per sposarti:
mi addolora che tu lo nasconda a me, che invece lodo che tu lo faccia.
Forse me lo nascondi perché pensi che
Mi debba opporre ai tuoi desideri, come se io disapprovassi che altri prendano moglie, non avendola presa io.
Se pensi questo di me, ti sbagli:
anche se io non ce l’ho, non rimprovero per questo motivo
se ce l’hanno Piero, Martino, Paolo e Giovanni.

L’argomento della satira è presto enunciato: si parla di matrimonio, e dell’opportunità di contrarlo. Ariosto afferma che per vari eventi accidentali non ha potuto sposarsi, ma che sarebbe molto meglio farlo, perché l’uomo senza moglie accanto non ha piena onestà d’animo, non è moralmente perfetto. Questo anche perché il celibato spesso induce l’uomo a cercare altrove donne non sue, sempre diverse, in una sorta di ingordigia sensuale, e non gli consente mai di provare amore o carità.. Tra questi uomini, ci sono i preti, che son “sì ingorda e crudel canaglia”.

Meglio prendere moglie non troppo tardi: da anziani è preferibile dedicarsi ad attività diverse dall’amore, perché non si hanno più le forze, e le donzelle si consolano facilmente. Anche se avesse dei figli, la persona in là con gli anni non può prendersi cura di loro molto a lungo. Ariosto biasima anche coloro che sposano le serve dalle quali hanno avuto figli, in quanto questi prenderanno la loro indole e le loro maniere dalle madri.

Se l’amore conduce il cugino a prender moglie, lo faccia: ma Ariosto dà alcuni consigli. L’andamento della satira dunque è fortemente didascalico, mira cioè a insegnare qualcosa, al cugino, ma anche al lettore.

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Tiziano, Ritratto dell’Ariosto, 1515, Indianapolis, Indianapolis Museum of Art

  1. Osserva bene la madre della futura sposa, e l’educazione ricevuta.

Infatti la mela non cade mai lontano dall’albero e dai costumi della madre si possono evincere quelli della figlia:

Se la madre ha duo amanti, ella ne mira
a quattro e a cinque, e spesso a più di sei, (110)
et a quanti più può la rete tira:

È utile sapere chi siano la balia e le compagne, e se la donna sia capace nell’arte tessile o nel canto o nella musica.

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Sandro Botticelli, Ritratto di Simonetta Vespucci, 1475, Francoforte, Städel Museum

  1. Non prendere in moglie donne più ricche e più nobili.

Queste, infatti, spenderanno di più e, se non verranno accontentati i loro capricci, turberanno la quiete domestica. Meglio preferire una donna di pari condizione sociale.

Una che ti sia ugual teco si giunga,  (145)
che por non voglia in casa nuove usanze,
né più del grado aver la coda lunga.

  1. Non volere una donna troppo bella.

Meglio preferire una donna né brutta né bella, ispirandosi al principio della medietas.

Fra bruttezza e beltà truovi una strada
dove è gran turba, né bella né brutta, (152)
che non t’ha da spiacer, se non te aggrada.

Una troppo bella moglie potrebbe essere infatti oggetto di amore e di desiderio da parte di più persone, e alla fine, tra tutti i suoi corteggiatori, qualcuno riuscirà a conquistarla, vincendo le sue resistenze. Meglio anche evitare le donne troppo brutte, da cui proverrà una pena perenne.

  1. Non scegliere una moglie sciocca.

Una sciocca potrebbe rendere noti a tutti i propri errori chiacchierando troppo; la donna saggia invece agisce con astuzia, di nascosto, e sa coprire le sue malefatte. Oltre che saggia,

Sia piacevol, cortese, sia d’ogni atto
di superbia nimica, sia gioconda,
non mesta mai, non mai col ciglio attratto.

Sia vergognosa; ascolti e non risponda
per te dove tu sia; né cessi mai, (185)
né mai stia in ozio; sia polita e monda.

Quindi la donna dovrebbe avere un bel carattere: dovrebbe essere gentile, umile, allegra, timida, operosa, leggiadra, pura. I consigli del poeta riguardano quindi anche l’aspetto interiore.

  1. Sposa una donna più giovane di dieci o dodici anni.

Se la scegli di pari età o più vecchia, ti sembrerà presto sfiorita, mentre tu sei nel pieno delle forze e nel fiore degli anni: le donne infatti invecchiano prima. È inoltre opportuno che l’uomo abbia raggiunto i 30 anni prima di sposarsi, un’età in cui la ragione può predominare sulle passioni.

  1. Sceglila pia e religiosa, ma sta’ attento che non vada troppo spesso a Messa.

Questo perché i preti amano circuire donne sposate: non c’è da fidarsi.

  1. Evita le donne che si truccano troppo.

Il rifiuto del trucco è tradizionale in letteratura, ed è aborrito da molti autori, quali Plauto e Giovenale. Ariosto ci dice che i trucchi sono fatti con la saliva delle donne ebree che li vendono e con altre sostanze maleodoranti. Belletti e unguenti inoltre rovinano la pelle, facendola diventare rugosa, e persino i denti, che diventano neri e pochi.

Meglio dunque preferire una donna che non segue mode e sia esperta di cucito piuttosto che di trucchi.

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Pieter Paul Rubens, Ritratto di Isabella d’Este, 1605, Vienna, Kunsthistorisches Museum

Dopo i consigli per prendere moglie, il poeta spiega al cugino come comportarsi nel matrimonio, seguendo uno schema di ovidiana memoria (si veda l’Ars Amatoria). Dovrà occuparsi della sua donna e non andare a cercarne altre; dovrà essere affettuoso, e, qualora lei sbagliasse, dovrà farle capire l’errore con le buone maniere. La donna dovrebbe essere una compagna, non una serva, e sarà opportuno soddisfare le sue richieste, se non eccessive. Bisogna osservare quello che fa, ma non mostrarsi diffidente; meglio è permetterle di andare agli eventi pubblici, sempre stando attenti alle sue amicizie, affinché non abbiano influenze negative.

Lievale quanto puoi la occasïone
d’esser puttana, e pur se avien che sia, (290)
almen che ella non sia per tua cagione.

A questo punto il poeta, per affrontare l’argomento del tradimento, fa una parentesi e ci racconta un aneddoto su un pittore, Galasso, che rappresentava il diavolo con aspetto bellissimo: bel viso, begli occhi e bei capelli. Il diavolo un giorno gli appare in sogno e per ringraziarlo dei suoi dipinti così belli, dice che risponderà a qualunque domanda Galasso voglia fargli. Il pittore, allora, che aveva una moglie meravigliosa, di eccezionale bellezza, e ne era geloso, domanda al diavolo come possa fare per essere sicuro di non essere mai tradito. Il diavolo allora gli mette un anello al dito e gli dice che finché lo terrà, la moglie non lo tradirà mai. Allora…

Lieto ch’omai la sua senza fatica
potrà guardar, si sveglia il mastro, e truova
che ’l dito alla moglier ha ne la fica.

Questo annel tenga in dito, e non lo muova (325)
mai chi non vuol ricevere vergogna
da la sua donna; e a pena anco gli giova,

pur ch’ella voglia, e farlo si dispogna.

Ariosto aderisce a motivi letterari tradizionali, come quello del marito geloso (che già si rintraccia nella poesia trobadorica) e della donna fedifraga (si pensi alla poesia classica, ad esempio alle elegie di Properzio, ma anche alle novelle di Boccaccio). In più usa un linguaggio osceno tipico della poesia giocosa e carnascialesca. Sembra proprio, secondo questa satira ariostesca, che sia difficile impedire alla moglie di tradire il marito.

Naturalmente non dobbiamo dimenticare che Ariosto compone delle satire, quindi esaspera volutamente certi concetti e li pone in chiave ironica, con lo scopo di suscitare il sorriso del lettore. E ci sembra che le terzine della satira V riescano in questo intento, parlando in modo vivido e avvincente di un argomento sempre attuale, quale la relazione amorosa tra uomo e donna.

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Horae Beatae Mariae Virginis, Manoscritto miniato, presumibilmente
Anversa, circa 1480

STORIA MEDIEVALE

Amore e cavalleria, da “La cavalleria medievale” di Jean Flori

“L’amore non è sempre esistito, è un’invenzione francese del XII secolo”. L’amore, nella sua forma sentimentale e sensuale, nasce in Francia, in ambito aristocratico e cavalleresco. La cavalleria (ovvero la classe dei guerrieri a cavallo) è profondamente legata concetto di amore.

L’amore, la donna e il matrimonio

cristine
Christine de Pizan in una miniatura del XV secolo

Nella civiltà dell’Occidente cristiano medievale la donna non è più in condizione di minorità, bensì ha dei diritti: può ad esempio ereditare, governare, stare in giudizio, e non può essere sposata contro la sua volontà, né essere ripudiata in modo arbitrario. Può persino ottenere il divorzio. Ovviamente si tratta di un iter molto lungo, fatto di piccoli progressi, basti pensare che nell’XI secolo l’Occidente cristiano aveva appena iniziato a fare del matrimonio un sacramento, e che ancora non tutti i matrimoni avevano l’amore come base.

Chiesa e aristocrazia hanno, del resto, una visione molto differente dell’amore e del matrimonio. Ad esempio, la chiesa dà molto valore all’idea della castità, e le unioni carnali sono appena tollerate nel matrimonio, ma per il fine esclusivo della procreazione; ogni sensualità è considerata lussuria, anche nel matrimonio stesso.

Per gli aristocratici il matrimonio è prima di tutto una necessità sociale, funzionale a stringere alleanza politica tra due caste o a porre fine a un conflitto tra esse; ovviamente le unioni di questo genere difficilmente contemplano l’amore, e anche se la sposa, raggiunta un’età minima, deve comunque dare il suo consenso, tuttavia difficilmente questa condizione non si realizza, anche a causa della pressione familiare.

ontano
Il matrimonio medievale http://www.ontanomagico.altervista.org

 

La donna, l’amore e la corte

Per i nobili dunque la donna è una sorta di pedina politica, e ancor di più lo è per i cavalieri, i quali hanno la possibilità di elevarsi se riescono ad ottenere la mano della figlia di un signore. Va detto che, per limitare la riduzione del patrimonio signorile causata dalla frammentazione dei beni nella successione ereditaria, viene adottato spesso quale stratagemma la limitazione dei matrimoni. In ogni famiglia solo alcuni si sposano, a volte solo un figlio, mentre gli altri entrano a far parte del clero o rimangono comunque celibi. Poi sempre più spesso solo il primo  figlio eredita, mentre gli altri raccolgono solo pochi rimasugli, in modo tale che il patrimonio risulti pressoché intatto. Si forma così una importante categoria di uomini, quella dei giovani guerrieri che trovano sostentamento nella casa del padre, del fratello o di un parente, e che sono destinati al celibato, a meno di non trovare una sposa di alto lignaggio capace di garantire loro una sorta di promozione sociale. Questi cavalieri si chiamano juvenes o baccellieri, e sono alla continua ricerca di un patrimonio femminile, mentre la loro vita dipende dal castellano alla corte del quale sono a servizio.

L’amore detto “cortese”

La corte del signore si prestava benissimo dunque alla nascita dell’amor cortese, cantato dai trovatori (ovvero dai compositori ed esecutori di poesia lirica) dell’inizio del XII secolo: si tratta dell’amore profondo ed esclusivo che un giovane cavaliere consacra a una dama di rango più elevato, la quale spesso è sposata al signore da cui il cavaliere dipende. In un certo senso questi diventa doppiamente vassallo, perché anche con la donna egli intreccia una relazione vassallatica, essendole subordinato. La dama impone al suo spasimante delle prove, per ritardare il momento dell’unione. Questo amore non è platonico, ma non è pienamente soddisfatto: si configura come tensione continua tra il desiderio e il suo appagamento. Come cantano i trovatori, la gelosia del marito potrebbe sottrarre la donna all’adorazione dei suoi fedeli.

In questa concezione cavalleresca e cortese l’amore viene ad assumere dunque un valore fondamentale, e questo è un fatto nuovo, e ancora più innovativa è l’idea che l’amore sia capace di elevare e purificare anche l’atto sessuale. Non il matrimonio rende sacra l’unione carnale, bensì l’amore, il sentimento in sé. E questo sentimento trova numerosi ostacoli, di ordine sociale, religioso e morale. Il rapporto tra l’amore assoluto e questi ostacoli  è proprio al centro della poesia dei trovatori.

buona fortuna
Buona fortuna! di Edmund Blair Leighton, 1900. Dama e cavaliere.

La donna, il chierico e il cavaliere

Esistono dei testi letterari del XII secolo che parlano di “corti d’amore” presiedute da principesse di alto rango dove due dame discuterebbero dei rispettivi meriti dei loro amanti. Di questi amanti uno è chierico, l’altro cavaliere: il chierico è colto e premuroso, è buon oratore e si trova sempre a corte, mentre il cavaliere si assenta spesso per fare guerre o tornei, però è bello, prode e virile. Inoltre l’amore con il chierico è clandestino in quanto egli non ha diritto ad avere una moglie o un’amante, mentre il cavaliere è libero di vivere alla luce del sole le sue relazioni. In ogni caso dal testo emerge che matrimonio e amore sono inconciliabili, perché il matrimonio implica doveri e obblighi.

Alla fine del XII secolo viene scritto anche un interessante trattato dal chierico Andrea Cappellano, il De amore, detto “trattato dell’amor cortese”. Questo testo ha un’ interpretazione controversa, ed è incentrato sulla descrizione delle forme possibili dell’amore. Cappellano sostiene che l’amore non sia cosa per villani (ad esempio per contadini, pastori ecc.), mentre le altre classi sociali possono provarlo; al chierico sarebbe vietato, ma egli è come gli altri uomini, e come a loro anche a lui l’amore è necessario; tuttavia la Chiesa proibisce l’amore fuori dal matrimonio. Questo conflitto espresso in letteratura è comunque la prova di un problema reale, un problema di costumi e di mentalità.

chretien
Chrétien de Troyes, Lancillotto

 

L’amore è dunque compatibile con il matrimonio? Amore e cavalleria sono alleati o nemici? Chrétien de Troyes, il primo grande romanziere francese, ha cercato delle risposte a queste domande, dando vita al romanzo arturiano e contribuendo all’elaborazione dell’etica e dell’ideologia cavalleresca.